Meno di una settimana fa, il 28 febbraio, si è conclusa la possibilità di inoltrare domanda di pensione con quota 100 per i lavoratori della Scuola. Le domande pervenute sono circa 18 mila, ma sembra che ci si trovi di fronte ad un problema burocratico. Tale difficoltà riguarda solo i docenti e gli Ata: sembra infatti che l'Inps non possa esaminare in tempo tutte le domande pervenute entro il 28 febbraio. Questo per i docenti comporterebbe lo slittamento della prima finestra disponibile, ovvero essi non potranno andare in pensione da settembre 2019, ma dal primo settembre 2020.
Il lasso di tempo di riferimento sarebbe, quindi, di circa un anno.
Quota 100 e docenti
A esprimersi sulla situazione è Anna Maria Santoro della Flc Cgil, la sindacalista ha asserito: "L'Inps non è attrezzata. Ha solo giugno-luglio di tempo per accertare i requisiti. Se lo fa oltre il 31 luglio, ma entro la fine di agosto, tutti i posti lasciati dai "quotisti" vanno in supplenza: non sono più possibile immissioni ruolo. Ma se si sfora il 31 agosto, allora si salta l'anno si va al primo settembre 2020, anche se il diritto a pensione con quota 100 viene accertato già nel 2019. Una beffa". Sulla circolare numero 4644 del primo febbraio 2019, che è stata emanata dal Miur, è possibile appurare che fino al 10 maggio verranno vagliate le domande di pensione con i requisiti ordinari di chi ha fatto domanda entro dicembre.
Solo successivamente verranno vagliate le istanze presentate con quota 100 che dovranno essere ultimate entro il 17 di maggio.
I docenti poco convinti da quota 100
L'uscita del mondo del lavoro con quota 100, la novità pensionistica fortemente voluta dall'esecutivo giallo verde, che permette di uscire dal mondo del lavoro a chi almeno 62 anni di età anagrafica e 38 anni di contributi effettivi, non ha riscosso il consenso sperato.
Tra gli insegnanti a fare domanda per quota 100 sono stati, infatti, circa 18 mila docenti. Gli insegnanti sono stati scoraggiati dal numero di domande preventivate e temono di non essere tra coloro che avrebbero potuto beneficiare di questa modalità d'uscita. Essi hanno deciso di non presentare domanda alcuna per uscire dal mondo del lavoro e di continuare ad insegnare attendendo di raggiungere i requisiti richiesti per la pensione di vecchiaia.
A generare maggiore scetticismo tra i docenti e tutto il personale della scuola è stato l'importo della pensione che sarebbe stato ridotto. Tale decurtazione non sarebbe stata data da disposizioni insite in quota 100 bensì dal numero di minori contributi versati. Avrebbe generato anche paura la possibilità di vedere la questione del tfr: i docenti si sarebbero potuti vedere anticipato fino a 30.000 euro del proprio trattamento di fine rapporto (tale cifra è stata poi successivamente elevata a 45.000), la restante parte sarebbe stata erogata in un tempo successivo, ma non meglio specificato. Il governo auspicava e aveva preventivato un numero maggiore di domande rispetto a quelle pervenute. Lo scopo era anche quello di garantire un turn over generazionale e quindi favorire nuove assunzioni di docenti precari.
Quota 100 rimarrà comunque in vigore per il triennio 2019-2021 e vedremo se nei prossimi due anni ci saranno docenti che presenteranno domanda una volta perfezionati i requisiti di quota 100 o se preferiranno attendere di raggiungere i requisiti propri della pensione di vecchiaia.