Dopo l'eccidio dei redattori d Charlie Hebdo l'asticella della satira si è alzata. I fondamentalisti di tutti gli schieramenti sono stati messi con le spalle al muro e sono stati costretti ad accettare il concetto che la satira non può essere contenuta entro recinti prestabiliti e che fatte salve le critiche nessuno può imporre limiti alla libera espressione col pretesto delle sensibilità personali o collettive. Fa specie dirlo, ma il sacrificio dei ragazzacci di Chialie non è stato vano. Ci troviamo al paradosso, come dice Travaglio, gente che ha ucciso la satira in Italia, con la scusa che non faceva audience o che non era satira, ma comizio politico, si ritrova a difendere la satira più urticante di Charlie in nome di una libertà che essi consideravano a senso unico, cioè la libertà del potere di autoincensare se stesso e di proibire qualsiasi dissenso.

Dall'altro lato anche i religiosi più convinti del principio "la religione non si tocca" si sono dovuti arrendere al fatto che se la religione non si tocca, non si toccano nemmeno quelli che la deridono.

Rimango convinto di un principio elementare e cioè che le idee di laicità debbano viaggiare di pari passo con le idee di tolleranza, di pace e di solidarietà. Solo se sono solidale, solo se condanno le guerre senza se e senza ma, solo se tendo la mano ai più deboli e gli do riparo, solo allora potrò dire al mio fratello musulmano che non sono d'accordo con lui, che ho poco da condividere con lui in tema di diritti, e che sono persino convinto che non ci sia nessun dio. Ha ragione Marco Bascetta, l'Islam politico è destinato ad entrare per forza di cose in collisione con l'Occidente, ma l'impatto può essere contenuto solo in una cornice di tolleranza e di principi di equità.

Il nostro riferimento deve essere la dichiarazione dei diritti universali dell'uomo e la parte migliore dell'occidente deve scrollarsi di dosso i sensi di colpa per il colonialismo e per le guerre di conquista. Noi parte laica e libertaria dell'Occidente, non ci sentiamo colpevoli delle guere coloniali come giusto corollario del senso di presunta superiorità dei colonialisti sui selvaggi, noi, come soggetto extratemporale, siamo quelli che combattevano il dogma con l'eresia, che venivano bruciati e torturati per le loro idee, che propugnavano la ragione contro l'oscurantismo, che difendevano i lavoratori contro le ingiustizie di un sistema economico iniquo a costo della vita.

Noi quelli siamo e possiamo dire a testa alta al nostro fratello musulmano che la nostra storia ci ha condotto fin qui e che a nome di quella parliamo e non a nome della superiorità della nostra civiltà. Per noi non esiste l'identità dell'Occidente, ma esistono le storie dell'Occidente, così come esistono le storie dell'Oriente. Sia chiaro non abbiamo niente a che fare con razzisti e suprematisti di ogni genere e grado. Noi siamo un'altra cosa.