Dopo due lustri passati a contare gli esodi forzati di decine di migliaia di bancari (circa il 20% dell’intera forza lavoro del comparto bancario), i sindacati tornano a giocare la carta della nuova professionalità. E lo fa Lando Maria Sileoni, Segretario Nazionale della Fabi, presentando all’élite del mondo bancario italiano l’idea del “nuovo modello di banca al servizio del Paese”. Al convegno tenutosi ieri a Milano erano infatti presenti, oltre ad esponenti del mondo sindacale bancario come Agostino Megale della Fisac Cgil e centinaia di delegati della Fabi, anche Federico Ghizzoni (Unicredit), Victor Massiah (UBI Banca) , Fabrizio Viola (MPS), ed altri esponenti dell’ABI e personalità in rappresentanza di istituti di credito di medie dimensioni.
In realtà il progetto presentato non è una novità; i sindacati l’avevano già proposto all’ABI in occasione del rinnovo dell’ultimo contratto, anche se in quell’occasione l'iniziativa non trovò un seguito.
Cosa chiedono i sindacati
Quali sono le possibilità per rendere l’attuale sistema bancario più utile e più redditizio? Come preservare o incrementare l’occupazione di settore? Sono queste le domande a cui Sileoni vorrebbe dare una risposta. Il Risiko bancario con le nuove fusioni ormai alle porte rischiano di generare nuovi esuberi (si vocifera non meno di diecimila). Occorre quindi procedere sulla strada della difesa dell’industria bancaria con proposte innovative. Oggi i servizi offerti alla clientela sono sostanzialmente gli stessi di 50 anni fa con l’aggiunta di qualche attività collaterale e poco professionale come la vendita di elettrodomestici, televisori o tablet.
Quando poi le banche si sono spinte a vendere prodotti innovativi, come i derivati, hanno creato non pochi problemi ad Aziende e Comuni d’Italia e nuova occupazione ma solo in campo legale, con decine di avvocati foraggiati per far fronte alla cause loro intentate (il caso Divania docet). La Fabi non crede che le banche debbano competere su questo terreno, ma piuttosto sui servizi offerti alla clientela e alle piccole e medie imprese come la consulenza tributaria, giuridica, amministrativa e fiscale, il recupero dei crediti, la pianificazione strategica delle imprese.
Disegno realistico o pura utopia?
Possiamo condividere con i sindacati l’idea che il “bancario 2.0” non debba essere un venditore di lavatrici, tablet e telefonini, ma quando si parla di fornire alla clientela consulenza fiscale, legale, amministrativa da svolgersi allo sportello con personale interno da riqualificare, ci rendiamo conto di cosa significhi?
Un fiscalista non si inventa dall’oggi al domani, ne si può formare con corsi on line come oggi generalmente accade in banca. Sono ambiti professionali ad alta specializzazione che hanno elevati costi di formazione e di aggiornamento del personale, e richiedono anche un’alta attitudine individuale per poter essere svolti.
E’ pensabile che un bancario che per decenni si è limitato a vendere polizze assicurative, bot, cct e fondi comuni possa essere riqualificato rapidamente sugli aspetti fiscali delle aziende? E’ vero che oggi il personale bancario è poco motivato poiché le banche hanno sensibilmente ridotto strumenti di incentivazione economica e perché le ristrutturazioni bancarie, con chiusura di sportelli e filiali, hanno portano con sé l’inevitabile downgrade di ruoli e professioni, ma può essere questa la strada percorribile per un rilancio?
E se anche questo valesse per qualcuno, quante potranno essere le persone così “riqualificabili”?
La Fabi - supportata in questo anche da Fisac Cgil che ha commentato la proposta con favore - torna a chiedere l'introduzione nei contratti di nuove figure e nuovi modelli con uno schema da modularsi secondo le specifiche esigenze delle singole banche con accordi di secondo livello. I sindacati appaiono divisi tra sogno e realtà:riusciranno a risolvere i problemi delle banche? O ne verranno generati di nuovi?