Negli ultimi anni gli amanti della storia si sono dovuti rassegnare a un fatto: le serie storiche finiscono puntualmente per concentrarsi sugli aspetti più intimi della vita dei loro protagonisti, mentre il contesto storico diventa l’apparato sovrabbondante di quello che si rivela essere l’ennesima soap opera in costume.

Un po’ House of Cards, un po’ Games of Thrones, ripercorrendo la tradizione degli sceneggiati in bianco e nero della RAI, I Medici si scrolla di dosso un po’ di sovrastrutture che nel 2016 renderebbero la narrazione troppo pesante e pesca sia dalla tradizione che dai trend correnti.

Il risultato finale è una felice sintesi di tante buone ispirazioni.

Con qualche riserva.

Perché guardarlo?

Perché Richard Madden non sarà il massimo dell’espressività ma ha al suo fianco attori come Guido Caprino che nel ruolo defilato del fedele sgherro Marco sa dare tanto alla scena. Perché il ritmo lento rende giustizia alle vicende narrate ma la continua alternanza fra il piano presente, della scalata di Cosimo de’ Medici al potere, e quello passato, su tutto ciò che suo padre Giovanni ha costruito, mantengono lo spettatore sempre attento.

Perché Dustin Hoffman guarda la telecamera e già sta recitando, perché c’è tutta quell’elaborata trama di intrighi di potere che non è frutto di una sceneggiatura originale ma è ritratto smaliziato dei tempi che già correvano nel Quattrocento.

Perché c’è la storia italiana, raccontata dagli italiani agli italiani spazzando via un po’ di stereotipi, che sempre ci vengono appiccicati quando dall’estero si finisce per dipingerci tutti come un branco di amanti avvinazzati.

Perché, stando a quello che si vede su Facebook e Twitter, è già tutto un fiorire di meme sulle cupole e non c’è termometro migliore per misurare quanto alto sia stato il gradimento del pubblico – e anche il numero di spettatori sintonizzati, a giudicare dal 30% di share raggiunto.

Avvertenze per l’uso

C’è qualcosa che stona, certo. Qualche data in sovraimpressione che non si limitasse a un nebuloso “vent’anni prima” non avrebbe guastato – non tutti gli spettatori sono dottorandi in storia rinascimentale. Non tutti gli attori sono eccelsi ma la qualità è decisamente nella media, in alcuni casi buona, e il doppiaggio di certo aiuta a conferire personalità a performance non sempre brillantissime.

E poi c’è il non trascurabile particolare di una rappresentazione del potere profondamente auto-assolutoria, con banchieri usurai che parlano di dare lavoro al popolo con grandi opere e della dolorosa necessità di darsi alla corruzione, ma solo a beneficio di un confuso bene superiore, che non si sa bene a chi dovrebbe giovare.

Che il potere sia anche sporco è un fatto; che debba esserlo come necessario effetto collaterale per assicurare il benessere collettivo, è tutto da dimostrare. Nessuno gliene avrebbe fatto una colpa, al buon Cosimo de’ Medici, se avesse patrocinato la cupola della Cattedrale di Santa Maria del Fiore solo perché il nome della sua famiglia restasse per sempre legato a quello di Firenze.

Come poi è accaduto.

Per tutto il resto c’è la cupola autoportante e una sceneggiatura che intriga parecchio. E fino a martedì prossimo c’è Rai Replay a disposizione per i ritardatari, senza bisogno di scavare il web alla ricerca di un oscuro streaming in bassa definizione.

E questa volta, i sottotitoli non siamo noi italiani a doverceli cercare.