Essere coerenti è una virtù. Negare l'evidenza è un dolo, questo è un dato di fatto. La posizione del governo italiano sulla questione siriana è sempre stata ambigua perché, se da un lato ci si è allineati alla politica della Casa Bianca, dall'altro si è tentato in passato di stabilire un contatto con Damasco a livello di intelligence. La notizia in questione venne resa nota lo scorso luglio, quando il direttore dell'Aise, Alberto Manenti, incontrò nella capitale siriana i rappresentanti dei servizi segreti locali con l'obiettivo di un piano di cooperazione antiterrorismo.

La missione fu caratterizzata dal beneplacito dell'Unione Europea. Siamo certi che, nell'Italia del dopo-referendum, i ministri del Governo Renzi siano ormai al termine del loro ruolo, ma non possiamo fare a meno di sgranare gli occhi rileggendo la dichiarazione rilasciata soltanto pochi giorni fa - prima del terremoto post-voto - dal ministro degli esteri, Paolo Gentiloni.

Un'assoluta mancanza di realismo

Lo scorso 1 dicembre, in occasione del Forum Med 2016 che si è tenuto a Roma, il titolare della Farnesina è intervenuto sulla questione siriana dichiarando, per l'ennesima volta, che "il futuro della Siria si costruisce attraverso una transizione politica che va oltre il regime di Assad. L'impegno per questo obiettivo deve essere comune".

Ci auguriamo che, alle prese con le questioni referendarie che hanno impegnato e, successivamente, afflitto il suo premier, Paolo Gentiloni avesse poco tempo per informarsi sui nuovi scenari internazionali e, soprattutto, su quanto sta accadendo ad Aleppo est. Perché, in caso contrario, la sua assoluta mancanza di realismo sarebbe molto grave.

L'avanzata dell'esercito siriano

Le notizie che giungono da Aleppo sono indicative in merito ad una pagina sanguionosa della storia siriana che si sta chiudendo. A restare in piedi è Bashar al-Assad, ha le spalle coperte da Mosca, sembra aver vinto la sua guerra politica contro gli Stati Uniti e potrebbe, in un futuro prossimo, scendere a patti con il nuovo presidente Donald Trump, con Vladimir Putin ad arbitrare la partita.

Le dichiarazioni dello stesso Trump al momento non lasciano dubbi ma al di là delle sue potenti alleanze (anche la Cina, oltre la Russia, supporta il governo di Damasco, ndr) la vittoria di Assad è principalmente militare. Negli ultimi giorni altri cinque quartieri di Aleppo est sono stati conquistati dall'esercito regolare, tra cui quello importantissimo di Chaar. La notizia, onde evitare contestazioni di chi potrebbe supporre ad una facile propaganda di Damasco, è stata confermata dall'Osservatorio siriano dei diritti umani, noto megafono dei ribelli. Stamani l'agenzia libica al-Masdar News ha diffuso l'ulteriore notizia della ritirata del gruppo di combattenti Fatah Halab, quasi l'85 % della parte orientale di Aleppo sarebbe ora sotto il controllo governativo.

Perché Assad dovrebbe farsi da parte?

Parlare ancora di transizione politica che va oltre un governo che sta vincendo tutte le sue guerre è pura utopia, perché mai oggi Assad dovrebbe venire a patti con un'opposizione che ha tentato di rovesciare il suo esecutivo e che, oltretutto, si trova vicina ad una rovinosa sconfitta? E perché mai dovrebbe farsi da parte quando anche il nuovo presidente degli Stati Uniti dimostra un'apertura nei suoi confronti? Il ministro Gentiloni farebbe meglio a concentrarsi sulla prossima transizione politica che riguarda l'Italia, con un premier dimissionario ed un futuro che ha la forma di un grande punto interrogativo, lasciando la Siria e le questioni internazionali a chi ne ha realmente competenza e, soprattutto, non chiude gli occhi dinanzi alla realtà dei fatti.