Chi ricorderà Cipputi ricorderà le vignette di Altan, quel geniale signore inventore di una satira sotto specie fumetto che oscilla tra il più profondo disincanto e la tensione ideale e civile che non vuole morire. Dalla cui penna uscì “il Cipputi”: paradigma di un operaio rude, scettico e cosciente di esser parte di qualcosa anche se spesso non era sicuro di cosa. La coscienza di una “classe” che faceva fatica a trovare dei padrini “politici” certi ed affidabili, e che doveva invece sempre ripiegare sul possibilismo e sul “tanto peggio, tanto meglio” in mancanza del meglio solo agognato.

Mai fu più profetico dell’oggi.

Ieri la Lega, dentro il Berlusconismo

Il Cipputi, che pure rimaneva scettico e diffidente, ha subito metamorfosi non da oggi, e di sicuro, almeno al Nord Italia era già da tempo distratto da tentazioni leghiste. Preferiva all’ideologia ed alla coscienza di parte il muso duro e le parole d’ordine di un partito che se nelle linee programmatiche e teoriche non sposava molto la causa del lavoro visto dalla parte dei salariati, nei fatti garantiva la vigilanza su certe insidie avvertite sulla loro pelle non meno brucianti dei rapporti interni di fabbrica. Le insidie di una immigrazione incontrollata che rubava lavoro o almeno era percepita come tale, quella dell’invasione dei prodotti stranieri a scarsa qualità e scarso costo che uccideva la competitività e quindi i posti di lavoro delle imprese medio-piccole, e cioè del grande, immenso tessuto economico di fondo quasi sempre a carattere familiare.

Temi che trovavano specialmente nella sponda leghista orecchie molto attente e proclami di battaglia utili anche alla causa dei lavoratori oltreché a quella degli imprenditori o della gente comune, cui originariamente erano rivolti.

Lo stesso sindacato per antonomasia se ne era dovuto fare una ragione, e non da ieri: la Cgil, che ha nella sottofederazione interno della Fiom una avanguardia di “elite” della contrattazione industriale metalmeccanica, dove l’identità politica e i riferimenti culturali sono più rocciosamente e ovviamente piantati nella sinistra “storica” italiana, dal PCI a scendere.

Prendiamo ad esempio le parole di Guglielmo Epifani, ex segretario sia Cgil che Pd, e quindi testimone privilegiato, ch dopo aver sottolineato come le influenze del mondo "economico" in senso lato sia diventata molto più incerta e fluida di un tempo, sostiene sicuro che “Quello che vale per le rappresentanze di interessi vale anche per le organizzazioni sindacali.

Già negli anni 80 la Fiom spiegava che tra gli operai di Mirafiori il voto alla Lega era circa un terzo".

Oggi i 5 stelle, dentro il crollo a sinistra

Gli anni di piombo e quelli degli “ottobre rosso” avevano visto la trimurti dei sindacati (cgil, cisl, uil), ma di sicuro in maniera più robusta la Fiom, ingaggiare duelli alla pari con i più grandi gruppi industriali. Premier di primo piano politico nelle file Comuniste erano scesi senza esitazione sui palcoscenici di scioperi ed occupazioni. Ma poi vi fu la Bolognina, la perdita di identità comunista per vestirsi nei più dimessi panni dei partiti democratici di sinistra, quindi l’abbraccio nella Margherita, nell’Ulivo e piantagioni discorrendo.

Poi venne il tempo del Berlusconismo, in cui vi furono sempre altalenanti fasi tra una certa insofferenza reciproca di “genere”, ed aperture improvvise in un reciproco patto di “non belligeranza”. Fino a quello che con il PD vincente alle Europee e la segreteria Renzi è apparso come uno schiaffo in aperto viso. Continua infatti Epifani: “...Prendiamo i temi più sentiti dal mondo del lavoro: legge Fornero, Jobs Act e precariato, riforma della scuola, Mezzogiorno e aree di povertà"... Epifani chiosa: Il Pd ha difeso lo status quo e le leggi fatte... A farsi paladino del superamento della Fornero è stata la Lega, del Jobs Act il Movimento 5 stelle" Quest'ultimo, inoltre, si sarebbe fatto più efficacemente paladino della povertà ed anche dei problemi scolastici, accaparrandosi così due o tre milioni di voti appannaggio classico delle sinistre.

Si era sentito tradito il sindacato: un ridimensionamento notevole di quell’area di concertazione sociale, in cui il peso sindacale si manifestava nel suo massimo potere di contrattazione e di partecipazione alla politica economica di una paese. Ed i lavoratori non avevano digerito provvedimenti e diete per la ripresa del paese e dell’economia, a partire da un Job Act dagli incerti confini di tutela, nonché dei Voucher che erano sembrati un mezzo troppo sbrigativo per regolarizzare il lavoro nero e il precariato selvaggio.

Smarcamento definitivo della Cgil ?

Ma non manca in Epifani un acuta visione sociologica dello smarcamento operaio dalle logiche di voto di “appartenenza”: “... nella città operaia per eccellenza, Pomigliano, e nel quartiere più ricco di Napoli, il Vomero: M5s prende il 65% a Pomigliano e il 55% al Vomero, Pd e Leu prendono al Vomero il doppio dei voti di Pomigliano..." la tesi di Epifani è che la sinistra vada scomparendo melle zone "operaie" e tenga invece in quelle più benestanti, con una perdita quindi di rappresentatività proprio laddove ci si aspetterebbe il contrario.

Ma è alla Camusso, alla guida odierna della Cgil, che spetta l’onere della “resa” almeno ideologica. Colei che più di altri segretari ha dovuto assistere ad un percorso tribolatissimo di perdite di identità e riferimenti all’interno ed all’esterno del sindacato, ammette : “che tra gli operai delle fabbriche del nord iscritti alla Cgil ci fosse chi votava Lega lo sapevamo da tempo, la novità è che c’è un’altra quota di nostri tesserati che non si astiene più e vota per i Cinquestelle ...che è finita l’epoca dell’Italia rossa. Quel modello non c’è più, è tutto cambiato… Chi ha votato M5S ha votato anche per il reddito di cittadinanza, per una forma di assistenza. Ecco: in questa richiesta c’è un messaggio anche per il sindacato.

C’è una parte crescente di popolazione che non trova protezione e il mondo del lavoro in generale si sente isolato senza più rappresentanza politica”.

Di certo non è dato sapere se una nuova era sia ormai cominciata, anche se di profondamente rivoluzionario, anche a detta degli interessati non di parte pentastellata, il voto del 4 marzo ha tutti i crismi. Tanto che le notizie che qui abbiamo riportato sono prese pari pari da una pagina facebook dal nome realmente impensabile un tempo : Base Cgil Movimento Cinque Stelle. Guardare per credere.