In queste ore il nome di Giuseppe Conte come possibile premier del nuovo governo è ormai sulle bocche di tutti. Da giorni si paventa l'ipotesi di un incarico del professore a capo del nuovo esecutivo con i due leader Di Maio e Salvini a spartirsi due dei ministeri chiave, Lavoro e Interni.

Tanto si è già detto sul possibile favorito di Palazzo Chigi, laureato in giurisprudenza, professore ordinario di diritto privato a Firenze e avvocato. Formazione tra Yale e la Sorbona passando dal Regno Unito, ex borsista presso il CNR, opera prevalentemente nel campo del diritto civile e commerciale.

Inizialmente indicato dal movimento 5 stelle come possibile Ministro della pubblica Amministrazione e oggi nome chiave per sbloccare il nodo più impervio e delicato rimasto ancora da sciogliere tra le due forze politiche che hanno visto, nelle scorse ore, l'approvazione popolare del loro programma di governo.

L'incarico del prossimo inquilino di palazzo Chigi, in questo caso, dovrà essere dato non dal popolo italiano ma dal Presidente Mattarella, il quale aspetta ormai da troppo tempo un nome a cui affidare l'avvio della XVIII Legislatura.

Dal suo curriculum Conte si prefigura come una persona profondamente legata all'ambito accademico e giuridico, ancora lontano da quella Politica che, stando alle previsioni, lo coinvolgerà a partire dalla prossime ore.

Dichiaratosi, nel lontano 2013, lontano dalle idee del movimento 5 stelle che lo aveva contattato per nominarlo come membro dell’organo di autogoverno della Giustizia amministrativa, oggi, proprio il professore potrebbe diventare il capo di un esecutivo che fa della giustizia, dell'onesta e della meritocrazia un caposaldo del porprio programma.

L'imparzialità dei tecnici

Si configura quindi uno scenario che di politico ha ben poco, a detta di alcuni quasi il ritorno di un tecnico a capo del governo. La mente torna quindi a quel 2011 quando Mario Monti, economista e accademico, prendeva le redini di un esecutivo per riportare l'Italia fuori dall'empasse economica e politica attuando, assieme alla sua squadra di tecnici, misure tanto discusse quanto sofferte.

Era un governo nuovo per gli Italiani, che con la politica non aveva nulla a che fare, almeno fino a quel giorno, e dalla poitica si teneva neutrale e operava secondo regole e indirizzi ben precisi.

Conte non sarà il nuovo Mario Monti, ma di sicuro è una persona che dalla politica si è tenuto sempre alla larga, defilato, in disparte ed è forse questa sua pecugliarità ad aver permesso a Salvini e DiMaio di trovare un ultimo, difficile accordo sulla nomina del premier. Un capo del governo quasi 5 stelle, certo, ma non necessariamente legato al movimento da dover per forza favorirne la prevaricazione. Un professore, retto, onesto e imparziale che per la Lega potrebbe essere l'uomo giusto al momento giusto, tale da permettere che la bilancia dell'esecutivo non penda troppo dalla parte dei pentastellati.

Conte come arbitro del governo più che capo in senso stretto, come mediatore delle possibili incertezze e squilibri che potranno verificarsi all'interno dell'esecutivo, un professore in grado di portare avanti, con la giusta squadra, un programma ormai sottoscritto e approvato da più del 60% degli elettori.

Se Mario Monti, a suo tempo, prendette in mano la situazione per la "salvezza" dell'Italia da un possibile default, oggi il nuovo primo ministro dovrà vegliare sulla volontà popolare e sull'attuazione della stessa da parte delle due forze politiche, e forse proprio la figura di uno stimato giurista potrà dare credibilità e imparzialità di giudizio a questo governo di "intese" così difficilmente creatosi, tanto volenteroso quanto fragile al suo interno.