Lo ha capito presto, Diego. O, forse, lo ha sempre saputo sin dal suo primo vagito argentino e anche quello deve essere stato fuori dal comune. Nel barrio di Villa Fiorito, lì dove tutto ebbe inizio tra miseria e povertà, Maradona accresceva il suo sogno tra i campetti, molti dei quali improvvisati, della periferia anni sessanta di Buenos Aires. Un pallone, una porta, il suo etereo piede sinistro e poco più. La crisi economica, infatti, imperversava a casa Maradona, classica famiglia numerosa del profondo Sudamerica. Diego conobbe ben presto la fame, il sacrificio, il coraggio e la pazienza.
Eppure, gli bastava soltanto un pallone per sorridere e dimenticarsi delle innumerevoli avversità della vita.
Maradona, l'uomo della disobbedienza
Un leit motiv che lo ha accompagnato nel corso di tutta la sua esistenza terrena, costellata tanto da cadute quanto da puntuali e prodigiose rinascite. Maradona non ha mai avuto paura. Mai. Un ribelle, un rivoluzionario, un disobbediente, un anarchico non può avere conoscenza della paura. Il suo segreto di onnipotenza, probabilmente, è stato proprio questo. Lui, che mai ha voluto e saputo piegarsi alla legge del più forte, che lo fosse a livello politico o sportivo, poco importava. Dritto per la sua strada, nel bene (tanto) e, purtroppo, anche nel male, specialmente per sé stesso.
Poiché studiare, analizzare, percepire, carpire Maradona richiede passione e dedizione, senza pregiudizi o superficialità. Ciò che appare, dunque, non va mai giudicato. Perché nulla è come sembra con Diego. Si ha la assoluta necessità di guardare sempre oltre. Sarebbe altrimenti troppo facile, scontato, evidente. Con Diego Armando Maradona non c'è nulla di tutto questo.
Le sue scelte, le sue idee, le sue parabole, le sue liriche calcistiche rappresentano l'inarrivabile controcorrente per tutti noi comuni mortali. Diego non ha mai chiesto niente a nessuno, si è divertito a camminare in equilibrio su una linea sottile, sottilissima.
'Non è facile essere Maradona'
È una delle frasi più ricorrenti sulla figura di Maradona.
Il peso della sua immensità, gli ha tuttavia provocato invidie ed ingiurie inenarrabili. Tuttavia, Diego ha sempre avuto le spalle larghissime. Sapeva chi fosse e cosa rappresentasse: per l'Argentina, per Napoli, per il mondo intero. Le luci della ribalta sempre puntate addosso, un'abitudine alla quale Maradona, talvolta, non ha saputo reggere. "Io sono la mia colpa e non posso rimediare", confessò al regista Emir Kusturica nel famoso docu-film su di lui. Un esame di coscienza al quale Diego non si è mai sottratto, anzi. Una vita di eccessi, tanti, tuttavia da proporzionare. Erroneamente, il pensiero ricade sovente su quelli più materiali, più oscuri, più masochistici. Maradona è stato eccessivo anche nella generosità, nell'ingenuità, nella solidarietà, nella sportività, nella consapevolezza di aver raggiunto l'immortalità pur conservando la normalità.
Racconti, episodi, aneddoti, situazioni, testimonianze tangibili in cui Maradona ha voluto e saputo essere semplicemente Diego. Sempre. "La vida es una tómbola", ossia "La vita è una lotteria", è uno dei passaggi più famosi di una canzone a lui dedicata dal cantante Manu Chao.
E che lotteria i sessant'anni di vita del Diez. Tutti di corsa, tutti d'un fiato. Il cuore che ha sorretto e pulsato finché ha resistito. Ideologicamente pompato attraverso milioni e milioni di vasi sanguigni sparsi in tutto il mondo. I suoi tifosi, i suoi fedeli, i suoi discepoli, il suo popolo.
Maradona, simbolo di una fede
Già, perché con la fede c'è poco da scherzare, diversamente da come lui irrideva qualsiasi avversario in campo.
Il culto maradoniano è un qualcosa di elevato, di lucente, di avvolgente. Ti prende per mano (de Dios) e non ti lascia più. Ti accompagna persino nei meandri più remoti ed inaspettati della propria coscienza. Non è blasfemia, né tanto meno eresia. Diego è riuscito a diffondere il suo Io ovunque, per chiunque. Divenuto certezza dove l'incertezza regnava sovrana. L'unico caposaldo a cui appigliarsi, appellarsi, con il quale consolarsi e riscattarsi. Perché chiunque ha bisogno di credere in qualcuno o qualcosa, in qualsiasi forma essa sia. Maradona appartiene a tutti noi, o forse non appartiene a nessuno. Magari, appartiene a sé stesso e basta. Chi lo ha conosciuto per davvero, chi solo per un autografo, chi per uno sguardo, chi per un gesto, chi per un sorriso, chi per un assist o un gol allo stadio.
Il ricordo è nitido, ben impresso e scolpito nella testa, negli occhi, nel cuore. E adesso che fisicamente la sua essenza si tramuta in assenza, nostalgia e memoria prendono forma in maniera simbiotica. Eppure, tristezza e dolore non riusciranno mai a prevalere su tutto il resto. Perché Diego era amore, gioia, allegria, spensieratezza, libertà, conquista, giustizia, ingiustizia, riscatto, estro, genio, fantasia. Tutto condensato in un solo corpo, in una sola anima. E allora, non resta che rendergli omaggio e gratitudine con l'esegesi del gol del secolo: "Grazie Dio, per il calcio, per Maradona, per queste lacrime" (Víctor Hugo Morales).