Negli ultimi anni il movimento sportivo legato al mondo del ciclismo è senza dubbio in crescita. Non può stupire, dunque, il fatto che siano molti i giovani che, appassionati di biciclette, tentano la strada del Ciclismo agonistico. Questo fenomeno, sicuramente positivo, porta però con sé il problema della selezione: le società agonistiche, infatti, iniziano sin da subito a scegliere i propri corridori, mandando via quelli ritenuti di poca prospettiva. Operazione, questa, che viene vista da tanti come inutile oltre che dannosa per l'autostima dei giovani, talvolta neo adolescenti.
Di questa opinione è anche Barbara, una mamma che ha voluto raccontare l'esperienza vissuta dal proprio figlio alla giornalista Martina Riccò.
La storia di Barbara, una mamma che si batte per il sogno del proprio figlio
Il figlio di Barbara, che oggi frequenta la seconda superiore, è un ragazzo che presenta di disturbi specifici di apprendimento per i quali ha ottenuto "la certificazione diagnostica". A causa di questo, come racconta la mamma, l'aspirante ciclista ha una corporatura fisica leggermente differente dai suoi coetanei: "Non è sviluppato fisicamente come gli altri, è più magro ed è timido". Questo, però, non è mai stato un problema in quanto non ha mai pensato "di essere un campione", né tantomeno di diventarlo.
L'amore per la bici è arrivato quando il ragazzo era ancora un bambino: "Aveva 7 anni, è stata una sua amica a farlo salire in sella e da allora non è più sceso". La mamma non ha poi nascosto che durante le gare il giovane abbia sempre faticato, non riuscendo in diverse occasioni ad arrivare a traguardo: "Quando riusciva era una soddisfazione enorme, ma anche se non ci riusciva andava bene lo stesso".
'Lo sport non è solo risultati: non è corretto che siano i ragazzi a pagare scelte politiche della società'
Dei risultati sportivi, comunque, non importava a nessuno: ciò che contava era che il ragazzo riuscisse a fare quello che amava, cioè andare in bici. La situazione è cambiata quando la società per la quale il giovane correva ha deciso di interrompere la collaborazione con il corridore.
La scelta è arrivata perché, a loro dire, il giovane "non è abbastanza bravo per continuare il percorso".
A questa frase, però, Barbara ha scelto di ribellarsi: "Non voglio fare polemica nei confronti delle società, ma quello che è successo a mio figlio non è giusto". La donna, nella sua intervista con la giornalista, ha aggiunto che lo sport non può essere considerato solo dal punto di vista dei risultati. Barbara ha poi ricordato che ciò che è avvenuto al figlio avviene anche a tanti altri ragazzi, definendo "inaccettabile" il fatto che debbano essere i giovani a "pagare le scelte politiche e gestionali delle società".
Le società di ciclismo si difendono: 'Sport selettivo e difficilissimo'
Le società di ciclismo agonistico, però, non ci stanno e per questo hanno deciso di spiegare le dinamiche che stanno dietro la selezione.
Al di là del singolo caso legato al figlio di Barbara, infatti, le società hanno voluto sottolineare il fatto che il ciclismo sia uno sport "selettivo e difficilissimo". Le squadre hanno poi ricordato come dietro le loro attività vi siano investimenti di "risorse" e, per questo motivo, è necessario che vi siano almeno i "minimi risultati".
Le società hanno poi continuato, mettendo in campo anche il discorso legato alla sicurezza: "Nelle gare dei giovani le strade non vengono quasi mai chiuse: (...) se un ragazzino si stacca dal gruppo e resta indietro, significa che poi rimane da solo. Deve raggiungere il traguardo da solo, trovando da solo il percorso e correndo con le auto". Insomma: il fenomeno legato alla selezione dei giovani è destinato probabilmente a proseguire, anche se a discapito dei giovani che, come il figlio di Barbara, vorrebbero solo inseguire le proprie passioni.