Sgomberiamo subito il campo da un equivoco: l'addio di Pippo Civati non può essere considerato una sorpresa per il Partito Democratico, ma nemmeno una banalità da archiviare. Gli equilibri interni che fino a ieri potevano definirsi altalenanti, da oggi si fanno ufficialmente precari. Lo strappo del deputato brianzolo potrebbe trasformarsi infatti in un pericoloso boomerang per Matteo Renzi. Il premier, nonché segretario del partito, ha incassato la sfiducia dell'ex fidato amico non lasciando trasparire all'esterno alcuna reazione. Non potendosi esporre in prima persona ha affidato ai 'suoi' diplomatici la mission impossible di ricucire il tutto.

Un tentativo caduto subito nel vuoto.

Guardare a Sinistra

Tornare alle urne e ritrovare quella fetta di sinistra dormiente che ha da sempre caratterizzato l'elettorato italiano dal 1948 ad oggi. Gli obiettivi conclamati di Civati sono gli stessi che ha più volte rilanciato nel corso di questa legislatura. Dalla rielezione di Napolitano ai mandati di governo conferiti a Letta e Renzi, invece, la maggioranza è stata scolpita a suon di larghe intese. Troppo importante aprire una fase di riforme strutturali per il Paese; troppo rischioso andare a trovare i numeri tra le file di quelle forze (vedi il Movimento5Stelle) poco inclini ai compromessi. Civati ha digerito il tutto con difficoltà, ma non ha mai nascosto di lavorare ad un'alternativa politica.

Il dissidente e il tormentone

#AdottaUnCivati è forse l'hashtag che meglio fotografa il conflitto interiore che ha vissuto Civati negli ultimi quattordici mesi di vita Parlamentare. Uno stato d'animo che ha mostrato costantemente davanti alle telecamere e ai taccuini. Ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria: chiamare in aiuto Newton equiparando la scienza alla politica potrebbe apparire una forzatura.

Ed invece è il principio che l'ex Pd ha seguito fedelmente, in primis da quando Renzi siede a Palazzo Chigi. Un'opposizione costante, netta, a tratti quasi scontata, messa in atto al fine di logorare un legame con il partito responsabile della promozione d'ufficio dell'ex sindaco di Firenze.

Odio et amo

Renzi e Civati si sono presi, si sono amati, si sono separati sul più bello. Era stata la Leopolda nel 2010 ad aver fatto scoccare la scintilla della passione politica tra i due.

Un sodalizio interrotto in malo modo per una diversità di vedute apparsa da subito evidente: il primo favorevole al dialogo (emblematico l'incontro privato con l'allora premier, Silvio Berlusconi), il secondo orientato alla fedele rivendicazione di un'identità progressista. C'è una cosa che però è rimasta inalterata nel tempo tra i due: la sete di ambizione. Nessuno riuscirebbe a vivere all'ombra di un altro leader carismatico: o tutto o niente. Da qui la scelta di Civati di mettersi in proprio e rischiare tutto.

Chi tiene il passo del fuggitivo?

Gli appassionati di ciclismo sanno bene che in genere chi tenta di scappare via dal gruppo nel bel mezzo della tappa, è solito guardarsi alle spalle nell'attesa che venga raggiunto da altri compagni di fuga.

La speranza di arrivare al traguardo dipende infatti dalla capacità di tenere alto il ritmo, dalla possibilità di distribuire la fatica e le responsabilità con nuovi alleati sì ma pur sempre di circostanza. Civati oggi vive di fatto il complesso del fuggitivo: ha avuto il coraggio di staccare tutti ma è ben consapevole che, se prosegue da solo, le possibilità di vincere si riducono in maniera esponenziale. Non tutti nascono Pantani del resto...