Gli italiani all’estero, che rappresentano circa il sette per cento del corpo elettorale, potrebbero essere decisivi per l’esito del referendum costituzionale del prossimo 4 dicembre. Non sembrano nutrire dubbi, su questo, gli istituti demoscopici interpellati dall’agenzia AGI. Sotto pressione da settimane per fornire ai propri committenti il "sentimento" degli italiani sul tema del referendum confermativo previsto dall'art. 138 della Costituzione, i sondaggisti non hanno mancato di quantificare il peso del voto dei nostri connazionali all’estero.
Grande equilibrio
Secondo il presidente dell’istituto Ixè, Roberto Weber, la differenza tra Sì e No si attesta "attorno al 4-5 per cento”. Com'è noto il No ha recuperato lo svantaggio, di sei punti, accumulato nei mesi scorsi: allo stato attuale, i contrari alla riforma costituzionale sembrano in leggero vantaggio, ma la quota di indecisi, tra gli intervistati, è ancora rilevante. Il voto all’estero potrebbe quindi giocare un ruolo simile a quello delle politiche 2006, quando fu decisivo per il risultato finale. Gli italiani all’estero saranno tanto più determinanti quanto maggiore sarà l'astensione in Italia. Per il referendum costituzionale, infatti, si prescinde dal quorum: vengono cioè conteggiati i voti validamente espressi indipendentemente dal fatto che abbia partecipato al voto la maggioranza degli aventi diritto (al contrario di quanto accade per il referendum abrogativo).
I sondaggisti sono concordi nel ritenere che il voto degli italiani all'estero sarà diverso rispetto a quello dei residenti in Italia, perché, dice Weber, al di fuori dei confini nazionali “il voto di opinione è meno condizionato dal bombardamento mediatico che è tipico dell'Italia”. Anche per Nicola Piepoli il punto è su “quanti italiani andranno a votare”, con il Sì che all’estero potrebbe vincere per almeno mezzo milione di voti.
Per Piepoli potrebbe rivelarsi decisivo anche “l’endorsement di Obama a favore di Renzi”. Altro aspetto determinante è la scheda referendaria, a dire di Piepoli, scritta “in maniera geniale”.
Tema delle riforme molto sentito all'estero
Carlo Buttaroni, presidente di Tecnè, è d’accordo con i colleghi sul fatto che il voto dei nostri connazionali all’estero potrà rivelarsi decisivo in un contesto di alto astensionismo in Italia.
Per Buttaroni il dato sorprendente è uno solo: ad oggi soltanto il cinquanta per cento degli intervistati ha una idea chiara sul referendum e andrà sicuramente a votare. In Italia ci sarebbero dunque venticinque milioni di indecisi: un dato di cui non si può non tener conto, tale da rendere difficile qualsiasi previsione. "Il voto all'estero”, sottolinea Buttaroni, “è più libero dal dibattito politico interno, di conseguenza potrebbe essere più sul merito della riforma”. Per il presidente di Tecnè il tema della modernizzazione dell’Italia è molto sentito all'estero, ma qualsiasi previsione è allo stato attuale prematura: "Spesso si decide come e se votare all'ultimo secondo” e se i dieci milioni di italiani ora indecisi si recassero alle urne queste preferenze “peserebbero molto più dei voti dei nostri connazionali all’estero".
E' già successo che il voto all'estero si sia rivelato decisivo: alle elezioni politiche del 2006 i 26mila voti degli italiani fuori confine diedero la vittoria alla coalizione guidata da Romano Prodi. Anche alle ultime elezioni politiche il Partito democratico è stato quello che si è avvantaggiato di più del voto degli italiani all’estero mentre il M5s si è aggiudicato il primato dei voti arrivati dall'Italia. Il senatore Aldo Di Biagio, contattato dalla agenzia AGI, ha ricordato un dato interessante: in occasione delle politiche 2013 si è registrato un calo del nove per cento dei votanti tra gli italiani all'estero, mentre si sono recati alle urne il trenta per cento degli aventi diritto.