Nella più classica atmosfera politica italiana, la campagna sul Referendum Costituzionale si è trasformata in una gigantesca resa dei conti. Sul clima di tensione instaurato dagli opposti fronti, ha deciso di rompere il suo proverbiale silenzio Sergio Mattarella. Il presidente della Repubblica, intervenendo all’Assemblea nazionale Anci (nel giorno dell’elezione del sindaco di Bari, Antonio Decaro ndr) non ha nascosto malessere e preoccupazioni, soprattutto su quello che sarà il dopo 4 dicembre. Appare ormai evidente che le schermaglie non termineranno certo con il voto ma che, il voto stesso, sarà lo strumento che il vincitore utilizzerà per colpire i suoi avversari.

Il giorno dopo il referendum - ha pregato Mattarella rivolgendosi alla platea di sindaci - chiederete che l’esito del voto, qualunque esso sia, confermi il valore del sistema delle autonomie”. “La democrazia e il Paese - ha aggiunto - saranno più forti se chi rappresenta ai vari livelli la volontà popolare, sa riconoscere l’interesse generale”. Un appello durato lo spazio di un batter di ciglia.

Dai salotti Tv alle piazze

Si corre sul filo dell’auditel che resta, allo stato attuale, l’unico metro tangibile dell’appetibilità del front man di turno. La sfida a distanza tra Matteo Renzi e Luigi Di Maio (ospiti rispettivamente di Politics e Di Martedì) è stata solo l’antipasto che si riproporrà nelle prossime settimane.

Il premier ha accettato le domande incrociate dei giornalisti di parte avversa, cavandosela con la discreta disinvoltura di chi ben conosce le proprie abilità di comunicatore. Ancor meglio ha fatto il leader in pectore del Movimento 5 Stelle nel faccia a faccia con Floris, riuscendo a tenere incollati al piccolo schermo una percentuale superiore di telespettatori.

Primi indizi, forse inconsistenti, di una battaglia sul Referendum Costituzionale che gradualmente dovrà spostarsi anche nelle piazze. I fronti del Sì e del No non hanno ancora annunciato manifestazioni pubbliche, ma le indiscrezioni che filtrano indicano in novembre un mese caldissimo. Ad oggi la priorità per i comitati promotori resta la caccia al voto, divenuta sempre più frenetica e assillante.

Il clima intimidatorio

Con buona pace dell’appello di Mattarella, lo scontro si fa sempre più acceso per il desiderio di rivalsa che logora da tempo i diretti interessati. Renzi ha rispolverato la rottamazione per gli esponenti della minoranza PD che “non vogliono sapere di rilassarsi ai giardinetti”; il M5S si è affidato alla pancia degli elettori riproponendo, a poche ore dalla morte di Dario Fo, il monologo del Premio Nobel contro il Referendum; D’Alema ha rievocato i poteri forti che lavorerebbero per la vittoria del Sì, uno “schieramento abbastanza vasto e minaccioso che lancia insulti, alimentando un clima di paura e intimidazione da far sentire in colpa chi è per il No come se portasse il Paese verso il baratro”.

Insomma, una Babele che poco ha a che fare con il legittimo confronto politico. L’ultimo sussulto potrebbe arrivare da un accordo in extremis nel PD sulle modifiche all’Italicum. Cuperlo ha deciso di sedersi al tavolo gelando i suoi compagni della minoranza: “Ci guarderemo negli occhi e capiremo se il tentativo è serio”. La speranza è sempre l’ultima a morire.