Ci sono voluti due incontri con il presidente della Repubblica per arrivare ad una soluzione concordata: Matteo Renzi “congela” per qualche giorno le proprie dimissioni, in attesa dell’approvazione della legge di stabilità, che avverrà al più presto. Infatti il governo punta a non modificare al Senato quanto già votato alla Camera, per ottenere il via libera entro una settimana, massimo due.

Il Premier avrebbe preferito andarsene sin da subito per lasciare agli altri questi oneri, dare un segnale forte agli elettori ed impedire alle opposizioni di attaccare nuovamente la maggioranza, ormai indebolita dalla sconfitta nel referendum istituzionale.

Ma alla fine ha prevalso il senso di responsabilità: Renzi deve rinunciare ad una rapida uscita di scena per portare a termine l’iter della manovra, accontentando così Sergio Mattarella. Non è un caso che il presidente della Repubblica, in una nota diffusa dopo il primo incontro tra i due, abbia richiamato tutte le forze politiche ad assumersi le proprie responsabilità istituzionali, cercando di favorire un clima di rispetto reciproco.

Al voto a febbraio?

Restano i dubbi su quello che accadrà subito dopo le dimissioni del Premier: cresce il partito dei favorevoli ad Elezioni politiche anticipate il più presto possibile. Alla compagine che va da Salvini a Grillo, si aggiunge, abbastanza inaspettato, Angelino Alfano.

Il ministro dell’Interno prevede la possibilità concreta che la legislatura possa finire entro febbraio, anche senza cambiare in Parlamento le leggi elettorali vigenti e lasciando la patata bollente nelle mani della Corte Costituzionale, che a gennaio sarà chiamata ad esprimersi sul sistema attuale. Il leader dell’Ncd non vede spazio per un ulteriore governo e affretta i tempi, contando sull’ impreparazione del centrodestra, ancora privo di un leader condiviso che succeda a Berlusconi.

Una nuova legge elettorale

Resta il problema della legge elettorale: con le due attualmente vigenti difficilmente si otterrebbe una maggioranza uniforme alla Camera e al Senato, prevedendo la prima un maggioritario con premio di maggioranza e la seconda un proporzionale con soglie di sbarramento. Sarebbe necessario quanto meno uniformarle per assicurare un minimo di governabilità al Paese.

Nel partito democratico si sostiene che è possibile realizzare tutto ciò in poco tempo, partendo dalle proposte fatte nella campagna elettorale referendaria.

Ma adesso la parte sconfitta si aspetta che sia il fronte del No a fare la prima mossa, proponendo eventuali modifiche; si vuole evitare una discussione sterile che serva solamente a tenere in vita la legislatura. In molti invece, da Forza Italia alla minoranza del Pd, vogliono prendere tempo e sperano in un governo di scopo per realizzare questa riforma. A guidarlo, un esponente delle istituzioni come il presidente del Senato Pietro Grasso o un ministro uscente: Padoan o Franceschini sembrano i favoriti. La palla ora passa a Mattarella che dovrà cercare di individuare la soluzione migliore.