Ultimo speciale di Bruno Vespa in vista del voto del 4 dicembre. Parlano, uno alla volta e alternati, 2 esponenti del Si a 2 esponenti del No.

Il primo è il premier Matteo Renzi, ovviamente a favore del Si. Giornata importante per lui, con l'adesione dell’ex presidente Romano Prodi alle ragioni del Si. Renzi afferma, in risposta ad una provocazione di Vespa, che i soldi per questo passo ci sono, come ci sono stati per Job’s act e 80 euro. Da questi, che reputa come punti di forza del suo governo, il premier inizia a esporre le ragioni per cui votare Si ad una riforma che non è come l’avrebbe voluta, ma che è comunque un punto di partenza.

Renzi rivanga come per lui che un ‘Si o No’ è un ‘Si o Mai’, e che il referendum è da votare sul contenuto, e non su chi lo propone.Pone inoltre l’accento sul risparmio che la riforma del Senato porterebbe, a detta sua, pari a 500 milioni di euro. Conclude definendosi un boyscout di 41 anni, legato all’Italia e non alla poltrona, che pone il bene del Paese prima di tutto.

Il secondo ospite è Silvio Berlusconi, leader di Forza Italia, sostenitore a gran voce del No. Nel definire Renzi l’unico leader politico italiano (da quando lui è stato fatto cadere), ne denuncia il tentativo di imporre una dittatura tramite la riforma. Ridà vigore al bicameralismo, da mantenere dimezzando il numero di parlamentari.

Questo, insieme alla possibilità per i cittadini di eleggere il Capo dello Stato, la soppressione dell’immunità parlamentare (se un parlamentare lascia il partito con quale è stato eletto lascia il parlamento), un limite costituzionale della pressione fiscale sono i punti da cui l’ex premier partirebbe all’indomani della (per lui) sicura vittoria del no per una nuova riforma costituzionale.

Sul finale un tuffo doveroso al futuro, suo e del centrodestra, questioni rimandate a dopo il 4 dicembre.

Secondo esponente a favore del Si è Angelino Alfano, ministro degli Interni. Il leader di NCD propone la sua metafora, in cui paragona l’Italia ad una macchina d’epoca, a cui bisogna sistemare il motore (ovvero la costituzione) per ripartire da una situazione complicata, che, senza il governo Renzi, sarebbe stata ancora più preoccupante.

Alfano lamenta come la nostra Costituzione, scritta 70 anni fa, fu influenzata dal periodo storico. E a chi porta come argomentazione una possibile deriva dittatoriale di Renzi tramite la riforma, sfida a trovare articoli che ampliano i poteri del premier,a cui riconosce l’errore di aver personalizzato un voto che vale per tutto il Paese. Nel finale, dopo aver ribadito come non ci saranno altre riforme dietro l’angolo, allontana il fantasma dei brogli elettorali dovuti al voto all’estero: gli italiani fuori dal territorio nazionale hanno votato più volte, senza problemi, come avverrà in questo caso.

L’ultimo chiamato in causa è Matteo Salvini, segretario della Lega Nord, accanito promotore del No.

Volendo proporre una lettura pragmatica del testo referendario, pone sotto accusa la centralizzazione della sanità e possibilità di decisione dell’UE nelle azioni fiscali del nostro Paese, dettati a suo avviso da una mancata fiducia negli italiani da parte del premier. Il segretario leghista spiega, parlando dei costi in certi casi spropositati (esempio del jet privato da 170 milioni) di Renzi, come l’Italia possa resistere al No. Anzi, proprio dopo il trionfo del No e conseguente caduta di Renzi, per lui si può sperare di ripartire.Magari proprio con Salvini al comando, che vorrebbe estendere l’esempio di Lombardia e Veneto (2 regioni solide, gestite dalle Lega) a livello nazionale, in continuazione con la Brexit e il fenomeno Le Pen in Europa, e con il neopresidente Trump nel contesto mondiale. L'invito unanime è uno solo: di andare a votare il 4 dicembre, dalle 7 alle 23.