“Mi hai ingannato!”. Le testimonianze raccolte dai giornalisti descrivono una telefonata a dir poco concitata tra Beppe Grillo e Virginia Raggi, conclusasi con l’accusa alla sindaca di aver taciuto la verità sulla vicenda Marra anche al garante del Movimento 5 Stelle. Infatti nelle ultime ore la posizione della sindaca di Roma sembra essere diventata più critica, rispetto a quello che sembrava inizialmente: all’accusa di abuso d’ufficio, preventivata già da settimane, si è andata ad aggiungere quella di falso. E ancora non è finita: si teme che dai messaggini sotto osservazione da parte dei magistrati possa emergere qualche scottante rivelazione sul legame tra la Raggi e Raffaele Marra, sempre sostenuto dalla vincitrice delle comunali nella Capitale, almeno fino al suo arresto.
Verso il giudizio immediato
Entrando nel dettaglio, l’accusa di falso sarebbe dovuta all’aver dichiarato alla responsabile anticorruzione del Comune, Mariarosa Turchi, di aver agito in piena autonomia per la nomina di Renato Marra, fratello di Raffaele alla direzione del dipartimento Turismo. L’abuso d’ufficio, invece, deriverebbe dal non aver effettuato un confronto tra i curriculum e non aver impedito a Marra di partecipare alle procedure di nomina del fratello. Nel frattempo i magistrati sarebbero intenzionati a chiedere addirittura il giudizio immediato per la sindaca, visti gli elementi a suo carico raccolti. Sembra paradossale che si sia arrivati a questo punto proprio grazie alle nuove forme di comunicazione, tanto usate dal M5S: gli atti ufficiali firmati dalla Raggi e le sue dichiarazioni infatti stridono con quanto emerge dalle chat sotto osservazione: l’esponente politica avrebbe parlato a Raffaere Marra dell’incarico, lamentandosi di non essere stata informata dell’aumento di stipendio di 20 euro per il nuovo direttore.
La testimonianza dell’assessore
Addirittura, dal materiale in mano ai pm emergerebbe l’esistenza di un patto per spartirsi le nomine siglato prima delle elezioni al Campidoglio tra Raffaele Marra e Salvatore Romeo. E a peggiorare la situazione è arrivata anche la testimonianza resa in Procura dall'assessore allo Sviluppo economico Adriano Meloni che contraddice la sindaca: "Fu Raffaele Marra – ha dichiarato – a suggerirmi la nomina del fratello Renato come direttore del dipartimento per il turismo".
Sarà complicato difendersi da entrambi i reati: se la Raggi negherà davanti ai magistrati di aver compiuto l’abuso d’ufficio derivante dalla mancata valutazione di altri candidati, dovrà riconoscere che la pratica era gestita da Marra, ammettendo automaticamente di aver commesso un falso dichiarando all’autorità anticorruzione del Campidoglio di aver fatto tutto da sola. Una trappola da cui sarà difficile uscire indenne e che potrebbe avere notevoli conseguenze sul piano politico.