La maratona elettorale in Gran Bretagna, nel venerdì nero della politica inglese, ha rimesso in discussione le architravi del potere consolidatosi nell'ultimo trentennio nel mondo anglosassone oltremanica. Per la prima volta un quadro incerto e particolarmente difficile si affaccia sul quadro delle formazioni in gioco nel parlamento basso della Monarchia inglese. Colei che fortemente ha voluto le elezioni di giugno, la candidata conservatrice Theresa May, nonostante abbia voluto fortemente una legittimazione popolare con le elezioni dell'8 giugno, ne è uscita fortemente sconfitta e ha di fatto favorita l'ascesa, e soprattutto l'abilitazione politica, al candidato inviso all'alta finanza, il leninista e per niente blairiano corbyn, esponente di punta dell'ala sinistra del partito laburista, bistrattato se non sbeffeggiato dalla stampa e dalle sinistre democratiche occidentali per le sue posizioni fortemente a sinistra e radicali.

Governo di coalizione e nodo Brexit

La situazione in Inghilterra risulta pertanto difficile e complicata, infatti la May non è riuscita a raggiungere la maggioranza assoluta degli eletti per formare un governo e dovrà necessariamente stringere accordi con altre formazioni, che nel caso è il partito tanto temuto a guida Corbyn, dovendo di fatto mettere in discussione molto dei programmi dei conservatori, figli politicamente di quella cultura ultraliberista erede della Thatcher. Dal canto suo Corbyn può giocare da playmaker la partita della formazione del governo e nel suo arco è presente la freccia che più di tutte può mettere letteralmente in crisi il sistema istituzionale inglese, ovvero chiedere nuove elezioni per ottenere un consenso pieno, per uscire eventualmente da una situazione "spagnola" o peggio all'italiana.

In tutto questo, è aperto il delicato fascicolo della Brexit, trattativa complessa e piena di contraddizioni, evento che è alla base di queste stesse elezioni. Per la cronaca, il partito che più di tutti ha spinto, e vinto, per la Brexit, lo Ukip, è definitivamente scomparso dai radar, non ottenendo nessun seggio.

Il terzo incomodo Libdem e nuove elezioni

Altro elemento che sta ulteriormente portando la sconfitta Tory a sicura catastrofe è la volontà del partito liberaldemocratico, alleato alle scorse elezioni con Cameron, di non coalizzarsi di nuovo con il partito della May, gettando nello sconforto e nella paralisi l'assetto istituzionale inglese. Come da premesse, se i Tory non troveranno sponde, e di sicuro il Labour di Corbyn non ha interesse a portare acqua al mulino conservatore, nuove elezioni si fanno molto vicine.