Tra Silvio Berlusconi e Luigi Di Maio Eugenio Scalfari voterebbe senza dubbio per il primo. La scelta compiuta dal fondatore del quotidiano Repubblica martedì scorso, 21 novembre, in diretta televisiva dagli studi di DiMartedì, la trasmissione di approfondimento politico condotta da Giovanni Floris, ha alzato un polverone mediatico. Come è possibile che colui che è stato uno dei più fieri e duri oppositori del Cavaliere durante il ventennio berlusconiano possa aver compiuto una giravolta culturale del genere? Se lo sono chiesto, tra gli altri, una serie di politici, giornalisti e intellettuali, interpellati dal Fatto Quotidiano circa la loro preferenza tra berlusconi e Di Maio in caso di scelta obbligata.
Da Massimo Cacciari a Lucia Annuziata, passando per Giampaolo Pansa e Tomaso Montanari, ecco la risposta che hanno dato.
Cacciari e Annunziata
Il filosofo da sempre vicino alla sinistra, Massimo Cacciari, contesta le certezze degli scalfariani sul fatto che i seguaci di Beppe Grillo non siano assolutamente in grado di governare. Il loro “unico banco di prova” fino a questo momento, sostiene Cacciari, sono state le amministrazioni locali ma, come è noto a tutti, “è praticamente impossibile governare una città, per chiunque” a causa dei tagli ai fondi e alla confusione dei poteri. Certo, secondo il professore “il M5S rappresenta un grande rischio”, ma non si può avere la certezza che governerebbe peggio di Berlusconi o di qualsiasi altro.
Ecco perché bolla la risposta di scalfari come “nulla di più che una battuta, assolutamente trascurabile”. Lucia Annunziata premette di non essere stata mai in disaccordo con Scalfari in vita sua, tranne che in questa occasione. La natura “padronale” di Forza Italia e il “conflitto di interessi” di B., infatti, sono la “causa dell’anomalia italiana”.
Il M5S, invece, ha sì “grandi problemi di affidabilità”, ma anche “due meriti innegabili”: aver rinnovato il parlamento e riuscire a “parlare di politica” alla gente.
Pansa, Vattimo, Mentana e Montanari
Taglia corto, invece, Giampaolo Pansa, il quale non accetta “l’alternativa” tra Berlusconi e Di Maio. Il filosofo Gianni Vattimo, a sorpresa, preferirebbe Berlusconi perché “il male conosciuto è meno pericoloso dello travagante”.
Si dichiara d’accordo con Scalfari perché i pentastellati rappresentano per lui una realtà sconosciuta. Decide di restare sopra le righe il direttore del Tg di La7, Enrico Mentana, che afferma di non votare da decenni e di non essere sorpreso dall’uscita scalfariana. Più deciso, invece, si dimostra Tomaso Montanari, lo storico dell’arte animatore dei comitati civici di sinistra del Brancaccio, secondo il quale “peggio di Berlusconi c’è stato solo Renzi”. Montanari voterebbe Di Maio anche in un ipotetico scontro col segretario Pd.
Tarquinio,Valentini, Ignazi e Staino
Il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, afferma di avere “le idee chiare al riguardo”, ma decide di non sbilanciarsi. Prende tempo senza fornire una risposta il giornalista ex Repubblica Giovanni Valentini.
Non si stupisce della risposta di Scalfari il politologo Pietro Ignazi perché “i 5 Stelle sono un fenomeno che molti non comprendono”. Lo storico vignettista della fu Unità, Sergio Staino, concorda senza dubbi con Scalfari perché “Berlusconi è il male minore: meglio il “mostro” Berlusconi-Renzi che quello Di Maio-Salvini”.
Bertinotti, Azzariti, Giletti e Severgnini
Fausto Bertinotti opterebbe per Di Maio, ma solo se praticamente costretto con una pistola di regime puntata alla testa. Le ragioni della scelta bertinottiana sono due: “Voto di contestazione contro le classi dirigenti” e contro la “religione della stabilità”. Si rifiuta, invece, di “scegliere il meno peggio” il giurista Gaetano Azzariti.
Per Massimo Giletti, conduttore di Non è l’Arena, la scelta di Scalfari pro Berlusconi dimostra che il mondo è “sottosopra”. Beppe Severgnini, infine, giornalista da sempre legato al mondo della sinistra moderata, è sicuro che “nessuno dei due è in grado di guidare l’Italia”, ma meglio il “passato discutibile” di Berlusconi che il “futuro imprevedibile” di Di Maio.