Ieri sera alle Iene, uno dei servizi sicuramente più forti e drammatici, è stato quello di Pablo Trincia, che ha intervistato il giovane Omar Mohammed, creatore del blog online Mosul eye. Il servizio è stato trasmesso in tarda serata a causa delle immagini molto cruente che raccontano la realtà vissuta a Mosul, seconda città più grande dell'Iraq, durante il periodo in cui il potere era retto dal califfato. Dalla fine del 2017 la città è stata quasi interamente liberata dai militanti, ma il loro posto è stato preso dagli uomini delle forze speciali irachene, che spesso assumono un atteggiamento molto simile a quello dei loro predecessori.
Omar, l'uomo dietro il blog
Omar Mohammed è un giovane iracheno di 32 anni, che è costretto a vivere in una località segreta a causa della condanna a morte che pende sulla sua testa da parte dei fondamentalisti. Si definisce uno storico ed il suo sogno è proprio quello di insegnare storia. Sin dalla sua nascita è stato costretto a vedere il terrore della guerra: infatti quello era il periodo della battaglia tra Iran e Iraq (durata dal 1980 fino al 1988). Nel '90 ci sarebbe stata la guerra del Golfo, con l'invasione del piccolo emirato del Kuwait da parte di Saddam Hussein, allora rais iracheno ed, infine, l'arrivo dei militari americani nel 2003, dopo l'attacco alle Torri Gemelle, a causa della volontà americana di deporre Saddam, accusato di detenere armi di distruzione di massa e di sostenere il terrorismo internazionale.
Durante questo periodo apre un primo blog. L'occupazione terminerà solo nel 2011, quando gli americani lasceranno il potere in mano alle autorità irachene.
Sono molto chiari i ricordi di Omar relativi alle atrocità vissute in quel periodo, come i cani diventati aggressivi con gli uomini perché abituati a cibarsi dei cadaveri, della necessità di ripulire la casa dello zio dai brandelli di carne che si depositavano a causa degli jihadisti che si facevano saltare in aria uccidendo i civili in strada, o del soldato americano visto mentre veniva bruciato vivo.
Racconti terrificanti solo a sentirli. Ma purtroppo questo non è tutto.
Il 6 giugno 2014 i militanti dell'Isis entrano sparando in città ed attaccano le prigioni liberando i detenuti che si uniscono alla loro causa. La città era stata praticamente occupata da soli 400 uomini, contro i 60mila soldati presenti in loco. Il giorno dopo la città era tappezzata di bandiere nere.
In poco tempo si costituisce il macchinoso sistema dei militanti: l'esercito depone tutti i dirigenti pubblici e li sostituisce con dei propri uomini. Scuole, ospedali, banche. Tutto entra nelle mani degli uomini dell'Isis. Questo sistema ha, però, bisogno di risorse. Così, i miliziani cominciano a chiedere il pizzo agli abitanti di Mosul, a chiunque avesse un'attività o volesse costruirne una nuova.
Cominciano i divieti: niente più scuola, qualsiasi forma d'arte viene proibita o distrutta, non si può più ascoltare musica né parlare con persone se non all'interno delle proprie case.
'Mosul eye'
E' in questo momento che Omar apre il blog Mosul Eye, per informare tutti di ciò che accadeva sotto il regime dello stato islamico ed effettivamente l'unica fonte indipendente che si è avuta a livello globale, sul quale il giovane racconta tutto quello che succede in città.
E' lui il primo a far sapere al mondo che a Mosul è arrivato Abu Backr Al-Baghdadi, il leader dell'Isis, che dalla moschea dichiara la nascita del califfato e dello stato islamico.
Racconta tutto: torture, assassinii, che gli omosessuali venivano lanciati dai palazzi, il ritorno per chi era accusato di furto del taglio della mano e, per le donne accusate di adulterio, della lapidazione. Sulle case dei cristiani viene posta la lettera araba "N", che sta per Nazareth, e i cristiani in molti casi vengono crocifissi. Alla maggior parte di queste scene Omar assiste, come molti bambini che vengono abituati a queste atrocità e che finiscono con il giocare a calcio con le teste dei cadaveri, come lui stesso racconta.
I bambini diventano importanti risorse per l'isis, diventano boia o kamikaze ed il centro delle produzioni cinematografiche dei miliziani. Omar racconta della presenza di uomini, luci, telecamere, tutto per poter riprendere le esecuzioni e spedirle in rete.
"Sapevo che era una cosa pericolosa ma bisognava farlo" dice ai microfono delle Iene. Pericoloso si, a maggior ragione se uno dei capi dell'Isis vive con la famiglia nella casa accanto alla sua. Ma il blog viene ad essere conosciuto a livello mondiale, ne parlano i giornali, così Omar comincia ad essere minacciato.
"Ti uccideremo centinaia di volte ma senza mai ammazzarti". "Ti manterremo in vita per poi torturarti di nuovo". "Ci fermeremo appena prima che tu muoia per poi ricominciare".
Il coraggio di un uomo in nome della verità
Bastava che i suoi informatori interni gli dessero una notizia falsa, considerato che lui usciva tranquillamente durante il giorno e parlava con i miliziani, per identificarlo. Così un giorno gli viene detto che uno dei generali era stato ucciso. Scrive l'articolo, lo pubblica, poi lo cancella subito pensando che fosse una trappola. "Quella notte non ho dormito pensando che sarebbero arrivati da un momento all'altro per prendermi". Matura dopo due anni e mezzo la decisione definitiva. Omar scappa via dalla sua città.
Dalla fine del 2017 Mosul è quasi completamente liberata, ma Omar non ci ritornerà. "No, non ritornerò a Mosul. La mia città non esiste più".
Rimasto anonimo fino a dicembre, adesso sappiamo chi c'è dietro Mosul Eye.
Si dovrebbe impallidire di fronte a tanto coraggio. In un mondo che oggi rabbrividisce solo a sentir parlare di Isis, questa dimostrazione di forza dall'interno, questa storia quasi incredibile, questo giovanissimo che ha rischiato così tanto e che ha ancora la possibilità di realizzare i suoi sogni e di avere un futuro, fa diventare un obbligo morale il non avere paura.