Nel momento in cui le ipotesi per la formazione di un nuovo Esecutivo si facevano difficili, il campo visivo (e di battaglia) si sposta sul Parlamento. Matteo Salvini ha alzato il telefono, da buon leader, ed ha contattato personalmente Luigi Di Maio. Oggetto dello scambio, definito “franco e cordiale” dai rispettivi staff, è stato un accordo tacito e veloce sulle presidenze delle Camere. Di Maio è stato chiaro: a noi la Camera, resta il Senato. Cui con ogni probabilità andrà un uomo di Salvini, forse Roberto Calderoli (vicepresidente uscente, grande conoscitore di Palazzo Madama e dei suoi meccanismi e funzionamenti).
È in realtà una mossa tattica di Di Maio, che sta di fatto lanciando un messaggio neanche molto sottinteso al Partito Democratico, che alla Direzione Nazionale “lacrime e sangue” (per citare la Fornero) aveva chiuso drasticamente ad ogni ipotesi di accordo con “i vincenti”, vale a dire Lega e M5S. Ma l’ipotesi Esecutivo “populista” adesso sembra farsi più concreta dalle parti del Nazareno: un punto di incontro sui presidenti delle Camere, (seconda e terza carica dello Stato) vorrebbe dire trovare un’intesa già di per sé significativa, anche se dagli ambienti salviniani smentiscono tutti i retroscena che vorrebbero Salvini in volo verso i grillini per la formazione di un nuovo Governo.
A rimarcare il ragionamento anche Silvio berlusconi, che approfitta di una riunione congiunta dei deputati e senatori di Forza Italia freschi di elezione per ribadire chiaro e tondo che “Le aperture al M5S vanno bene, ma solo in un caso, cioè per aprire la porta e buttarli fuori”, risponde Salvini: “Berlusconi è della squadra, il Governo sarà del Centrodestra e durerà cinque anni”.
Morale: l’accordo con Di Maio varrà più probabilmente solo sul piano istituzionale e non su quello politico, preferendo Salvini ottenere definitivamente lo scettro del Centrodestra finalmente in parte deberlusconizzato anziché fare il numero due del giovane Di Maio. E sarà immediatamente dopo l’elezione dei vertici parlamentari che entrerà in ballo il Partito Democratico: il Governo ci sarà, e sarà un Governo M5S-Pd, con tutto il Centrodestra all’opposizione.
Con buona pace di Berlusconi, che invece una quadra con il Pd vorrebbe e potrebbe anche trovarla, guardando ad un Governo Cinquestelle come ad un’ipotesi di instabilità e paralisi per il Paese. Se invece il gioco Salvini dovesse condurlo comunque all’attacco, la strategia potrebbe anche cambiare: Governo di Centrodestra a guida Salvini, sostenuto in Parlamento dai 262 deputati alla Camera più i transfughi dai Cinquestelle e parte del Pd.
Stesso discorso al Senato, dove Berlusconi potrebbe fare la voce grossa e chiedere rassicurazione al leader leghista: la poltrona della Presidenza in cambio del pieno sostegno al Quirinale sull’incarico governativo.