Intervistato da Aldo Cazzullo per il Corriere della Sera, Massimo D’Alema fa una pesante autocritica rispetto alla disfatta elettorale di Liberi e Uguali nelle elezioni politiche del 4 marzo e ammette che l’aver accettato la candidatura in Puglia è stato un “errore politico”. D’Alema prova ad analizzare le ragioni della sconfitta della sinistra e offre un giudizio non del tutto negativo sul M5S di Luigi Di Maio con il quale, dice, il centrosinistra dovrebbe confrontarsi. Nuovo centrosinistra la cui “forza propulsiva” dovrebbe essere rappresentata proprio da LeU.

L’ex premier non risparmia il solito colpo basso nei confronti del segretario Pd Matteo Renzi, giudicato in “fase di smarrimento”, ma, al contempo, marca nettamente le distanze dal “lepenista” Matteo Salvini con il quale, precisa, “non possiamo avere nulla a che fare”.

D’Alema: ‘Mia candidatura un errore politico’

L’esperto Cazzullo prova subito a punzecchiare Massimo D’Alema chiedendogli se si senta definitivamente rottamato, dopo aver racimolato un misero 3,9% nel collegio pugliese dove era candidato per LeU. Ma l’ex segretario Ds non ha dubbi. “Non sono stato rottamato”, risponde, ammettendo di aver commesso un errore a “cedere” alla candidatura per colpa delle sua troppa passione politica.

D’Alema, comunque, conserva l’onestà intellettuale per ammettere che l’accettazione della candidatura in parlamento ha rappresentato un vero e proprio “errore politico”.

Analisi della sconfitta del centrosinistra

Precisate le sue responsabilità, D’Alema affronta di petto le ragioni che hanno portato alla debacle elettorale del centrosinistra, sia del Pd che di LeU.

Il partito di Renzi si è allontanato troppo dai valori fondanti della sinistra, mentre gli scissionisti guidati da Pietro Grasso non hanno “saputo mettere in campo una proposta che li distinguesse” dai renziani, venendo così percepiti dall’elettorato come parte della stessa cosa. LeU ha anche la responsabilità di non aver puntato su un programma chiaro e di aver cambiato troppi simboli in pochi mesi.

Entrambi hanno adesso la responsabilità di ricostruire il centrosinistra. Comunque sia, D’Alema esclude un ritorno nel Pd e propone LeU come “forza propulsiva del nuovo centrosinistra”.

Necessario il confronto con il M5S

Passando a parlare del movimento politico vincitore delle elezioni, Massimo D’Alema ammette che è stato un errore definire “populista” il M5S, perché buona parte del suo elettorato “viene dalla sinistra”. Per questo i pentastellati si sono appropriati delle ex parole d’ordine del centrosinistra, reddito ai poveri e lotta ai privilegi. Critica dura anche contro la chiusura a priori dei “riformisti” sul tema del reddito di cittadinanza, sul quale invece dovrebbero cercare di fornire “risposte praticabili”.

Insomma, anche se non ci dovessero essere le condizioni per formare un governo tra centrosinistra e M5S, D’Alema è convinto che non ci si possa “sottrarre al confronto”. Anzi sarebbe un “dovere”, una “sfida”. L’alternativa di un Pd che decide di appoggiare un governo di centrodestra sarebbe, invece, “un suicidio”.