Dagli inizi degli anni novanta, in ogni consultazione elettorale, il popolo italiano ha lanciato inequivocabili istanze di cambiamento, sempre più forti, sino ad affermare la necessità di un rinnovamento radicale del ceto politico, al quale affidare il compito di ristrutturare il sistema. I vecchi partiti, con i loro apparati, sono stati spazzati via. Non c’è stato governo che, nel quarto di secolo considerato, non sia stato ribaltato nella considerazione del corpo elettorale.

Una legge elettorale all'insegna dell'ingovernabilità

Sopravvivono cariatidi della Prima Repubblica, esclusivamente per gli effetti di una legge elettorale macchinata con l’intento esclusivo di arginare, per quanto possibile, la domanda di rigenerazione insorgente dalle convinzioni della stragrande maggioranza dei cittadini.

E, attenzione, cari Di Maio e Salvini, l’ingovernabilità, che questa legge addirittura ha presupposto e che pur si va delineando, è destinata a diventare strumento di discredito contro le forze vincenti del 4 marzo.

Tra i più consumati leader politici resiste Berlusconi, di per sé un fenomeno della cosiddetta Seconda Repubblica, che, tuttavia, ha fallito la propria missione “liberal-rivoluzionaria” per essersi piegato alle controspinte erosive dei restauratori alla Casini e alla Fini, tanto da essere rimasto privo dell’apporto di quanti, come l’ex ministro Martino ed altri della stessa caratura, avevano creduto nelle sue ispirazioni originarie. Avere strombazzato in campagna elettorale i risultati dei suoi governi, nella stridente e battente presunzione di avere sollevato le sorti del Paese, è stato un errore macroscopico che lo ha condannato ad un irreversibile declino.

Una parabola discendente questa che, nella valutazione prevalente della pubblica opinione, lo arretra nel "passatismo di provenienza (addirittura) primo-repubblicana".

Renzi e Berlusconi: due gattopardi in agguato

L’ingloriosa prospettiva berlusconiana richiama, immediatamente, quella di Matteo Renzi, vittima di una Waterloo elettorale ancora più cocente in ragione della appaiante enfatizzazione ad oltranza degli immaginati successi del suo governo.

Il “renzusconismo”, nel riadattamento strategico del Patto del Nazareno, accomuna i due personaggi nello stesso destino. Il “liberal-rivoluzionario” Berlusconi e il “rottamatore” Renzi entrano, così, nelle schiere dei gattopardi in agguato, quelli che aspirano alla ricostituzione dei blocchi di potere, già protagonisti dei processi di degenerazione del sistema. Peccato che Di Maio e Salvini mostrino di non aver colto a pieno il senso di un voto che, nella sua netta indicazione, ha superato abbondantemente le soglie della certezza democratica.