Non è stato fatto alcun passo indietro dalla finlandia: il reddito di cittadinanza proseguirà fino al termine dell’anno, poi, in base ai risultati, si deciderà sul da farsi. Sembra una notizia incoraggiante, ma, analizzando la situazione attuale, traspare come la proposta, alla fine del 2018, rimarrà probabilmente tale, senza vedere una concreta realizzazione. Infatti, recenti provvedimenti sui sussidi e dichiarazioni dell’esecutivo, sembrano indicare una linea politica opposta a quella coerente con la misura voluta dal primo ministro Juha Sipilä.

Non ci sono dati alla mano, quindi neanche conclusioni certe, ma è facile prevedere un rapido declino.

L’esperimento

Il reddito di cittadinanza attuale prevede un sussidio di 560 euro a persona, esentasse. Alla partenza del progetto, sono stati selezionati 2000 volontari disoccupati per testarne il funzionamento. Conditio sine qua non per beneficiarne è essere cittadini finlandesi, a prescindere se nel periodo in cui si usufruisce del reddito si trovi un impiego o meno. Si tratta di un’alternativa ai comuni sussidi differenziati, che burocratizzano eccessivamente il sistema di Welfare.

Un probabile flop

Non è vero che il reddito è stato bocciato dopo nemmeno un anno, ma esistono le basi per supporre che non sopravvivrà ai due, previsti da progetto.

A far pensare a questa possibile marcia indietro è la decisione del Parlamento di vincolare maggiormente i vari sussidi: se non si dimostra di aver lavorato almeno 18 ore nell’arco di tre mesi, si perde parte della quota. Questa sentenza investe le altre misure di aiuto economico, reddito di cittadinanza escluso; quindi, se superficialmente tale decisione può apparire ininfluente sull’esperimento, occorre riconoscere come sia indicativa di una politica contraria ad esso.

Le alternative

A tagliare le gambe al progetto sono anche le dichiarazioni di Petteri Orpo, ministro delle finanze finlandese, che ha aperto all’introduzione di un diverso sistema di sostentamento, che potrebbe essere già testato nel 2019. Il nuovo modello sarebbe basato sull’universal credit britannico, che riunisce diverse forme di sussidio in una formula unica.

L’assicurazione contro la disoccupazione, nel Regno Unito, viene finanziata dai contributi sociali e ha condizioni stringenti: può usufruirne solo chi è stato licenziato senza colpe (escluse quindi le dimissioni), ed è obbligatorio firmare un accordo che impone di cercare un impiego. Si tratta di un modello diametralmente opposto rispetto a quello del reddito di cittadinanza: è un segnale che indica la scarsa fiducia nel progetto, che, dunque, ha poche possibilità di sopravvivere.