Tra qualche giorno le forze politiche si ripresenteranno alla corte del presidente della Repubblica. Difficilmente saranno in grado di presentare al capo dello Stato una soluzione reale allo stallo politico in atto; un empasse che con il passare dei giorni non vede soluzione. A dirigere l'orchestra rimangono i veti incrociati dei partiti, anche interni agli stessi cartelli elettorali. E sullo sfondo si riapre prepotentemente la finestra del voto anticipato, oramai non escluso apertamente da diversi leader politici, ad esempio dal leader della Lega Matteo salvini.
Secondo un articolo apparso stamane su "La Repubblica" il presidente Mattarella sarebbe contrario ad avvallare l'idea di spedire il paese nuovamente alle urne. La sua avversione ha un enorme significato istituzionale: solo al capo dello Stato spetta il compito di sciogliere le camere, sarà lui a decidere in ultima istanza.
Il centrodestra si riunisce ma rimane spaccato
Tentativi di unità arrivano da Arcore dopo il vertice di ieri tra i diversi leader del centrodestra. Matteo Salvini, Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni hanno voluto impacchettare e spedire al Movimento 5 Stelle e Quirinale un messaggio unitario basato su tre punti inderogabili: unità coalizione, incarico a figura Politica di centrodestra e rispetto del programmi di coalizione.
Secondo alcuni retroscena apparsi sui giornali Berlusconi e Meloni vorrebbero "spedire" Matteo Salvini nell'incognita parlamentare con un incarico esplorativo in mano; il rischio di bruciarsi politicamente sarebbe troppo alto per il leader del Carroccio che infatti ha respinto nettamente questa eventualità anche stamattina ai microfoni de La7.
Alludendo al suo passato di boy-scout e alle sue esplorazioni boschive alla ricerca di funghi - il segretario leghista - ha fatto ben comprendere quali siano le uniche esplorazioni praticabili, non di certo quelle parlamentari date le condizioni attuali. Mentre Forza Italia e Silvio Berlusconi non escludono di arrivare ad un dialogo con il Pd, Matteo Salvini rigetta totalmente questa opzione e fa registrare l'ennesima tensione con l'ex cav.
Di diverso avviso Giorgia Meloni che chiede di partire senza preclusioni esclusivamente dalla coalizione di centrodestra per poi avviarsi alla ricerca di ogni singolo voto in parlamento.
Il Pd diviso dopo le aperture dei pentastellati
Il Partito Democratico si ritrova diviso in vista dell'assemblea del 21 Aprile. Assemblea del partito cruciale per scandagliare le diverse posizioni interne e tentare di arrivare a una quadra in vista dei diversi appuntamenti a media e breve scadenza: tracciare una linea futura nel partito, elezioni regionali, comunali ed europee. Le diverse anime si confrontano a distanza; Richetti - il renziano "scolorito" - lancia la sua nuova "Harambee", incontro in stile Leopolda.
Il portavoce nazionale dem ha definito Harambee come una spinta per rilanciare l'impegno del Partito Democratico. Per molti si è trattato di un preludio di una sua candidatura alla segreteria; opzione che Richetti - intervistato a "mezz'ora in più su Rai3" - non ha smentito. Dopo le aperture del ministro Franceschini seguite all'appello di Di Maio ai dem si è riaccesa la discussione governo sì, governo no tra i dem. I renziani, per bocca del presidente del partito Orfini, hanno chiuso totalmente a qualsiasi possibilità di arrivare a sostenere un governo con i pentastellati. Di diverso avviso il segretario reggente Martina che, seppur respingendo le aperture del M5s, smorza un po' i toni e parla di "autocritica positiva" da parte del candidato premier grillino.
Intervistato ieri a "Che tempo che fa" su Rai1 ha poi dichiarato come il Pd non sarà mai il piano B di nessun partito. L'assemblea che si terrà tra qualche settimana non sarà importante per cercare di ristabilire determinati equilibri interni al partito, ma anche per arrivare a tracciare una linea comune da seguire nella partita per il governo.
Il M5s continua con la strategia dei 'due forni'
Il Movimento 5 Stelle continua a sondare i diversi terreni giocando con la politica dei "due forni". Mentre rilancia appelli al segretario leghista Matteo Salvini perchè abbandoni Silvio Berlusconi per approdare al "governo del cambiamento", giudica come positive e nel solco di una apertura le parole del segretario del Pd Maurizio Martina.
Per i pentastellati non ha alcuna importanza chi sarà l'alleato per palazzo Chigi, l'importante sono i punti del contratto che si andranno a sottoscrivere, o almeno così dichiarano. Dichiarazioni che lasciano perplessi perchè un punto imprescindibile che i grillini continuano a rilanciare è quello che prevede la paternità della premiership per il leader Luigi Di Maio. Esternazioni che evocano da più parti dubbi di "poltronismo".