Mercoledì il giudice federale Naomi Reice Buchwald ha emesso una sentenza affermando che "mettere a tacere i suoi critici non è lecito", a seguito del blocco da parte di Trump a centinaia di persone su Twitter. Questa è la decisione di 75 pagine stesa dal magistrato dove sottolinea che Trump, in qualità di funzionario federale, non è esonerato dagli obblighi costituzionali di astenersi dal punto di vista della discriminazione. Continua dicendo che "nessun funzionario governativo, incluso il presidente, è al di sopra della legge".

Il caso venne sollevato nel giugno 2017, da un'organizzazione, la Knight First Amendment Institute, un'associazione in difesa della libertà di espressione, con base alla Columbia University, e da sette persone, tra le quali un attore newyorchese, un docente di sociologia del Maryland, un poliziotto texano e una cantante di Seattle, che erano state bloccate dopo aver criticato il presidente Trump.

Blocco che ha impedito loro di continuare a vedere i tweet del presidente, che ha fatto di Twitter una colonna della sua presidenza vantando 52 milioni di follower, e come dichiarato in precedenza dallo stesso è proprio lui ad usare la piattaforma social, e che grazie ai suoi cinguettii è diventato presidente. In realtà le persone bloccate sarebbero centinaia inclusi lo scrittore Stephen King, Rosie O'Donnel, la modella Chrissy Teigen e Marina Sirtis.

Il giudice ha ordinato al capo della Casa Bianca o ad un suo subordinato di mettere fine a questa prassi che si mostra come comportamento anticostituzionale sottolineando il primo emendamento della costituzione che sancisce il diritto alla libertà di parola.

Buchwald non ha ordinato Trump di sbloccare i suoi seguaci, affermando che il chiarimento della legge è sufficiente per risolvere la controversia, e che spetta al presidente farlo. Se il Presidente però dovesse ignorare la sentenza, secondo gli analisti, potrebbe essercene un'altra che costringe Twitter a sbloccare unilateralmente i seguaci di Trump.

La decisione segna una vittoria per gli attivisti della libertà di parola, che hanno affermato che i loro diritti sono stati violati dopo avere twittato su Trump, ed aver criticato la sua politica. Ovviamente come era facilmente prevedibile, il dipartimento della Giustizia che rappresenta Trump ha ribadito il proprio disaccordo con la sentenza, precisando che stanno già studiando le prossime mosse.