I commenti e le polemiche su Cesare Battisti, a oltre 48 ore dal suo arresto in Bolivia non si placano. Le dure parole espresse da Matteo Salvini all'aeroporto di Ciampino durante l'arrivo del Falcon dei servizi segreti con a bordo il terrorista latitante hanno creato un vero e proprio polverone.

Il ministro dell'Interno si era detto lieto che un infame terrorista potesse finalmente marcire dietro le sbarre e molti commentatori e politici, soprattutto appartenenti all'area della sinistra, hanno duramente criticato le sue parole, soprattuto per via del ruolo istituzionale che ricopre il segretario della Lega.

"Devi marcire fino all’ultimo giorno" è una variante dello slogan di stadi e galere: “De-vi mori-re!

Desta scalpore l'editoriale pubblicato oggi su 'Il Foglio' a firma di Adriano Sofri, scrittore e giornalista che, durante gli anni di piombo, era il leader di Lotta Continua e attualmente uomo libero dopo la condanna a 22 anni poi ridotti a 15, quale mandante dell'omicidio del commissario Calabresi, pur essendosi sempre dichiarato innocente.

Conoscendo il mondo del carcere l'intellettuale ritiene che le dure frasi espresse da Salvini possano influenzare il comportamento di alcuni operatori carcerari della Polizia Penitenziaria della casa di reclusione sarda di Oristano dove è stato trasferito da poche ore Cesare Battisti.

Il carcere è il luogo più disadatto al vero pentimento

Avendo scontato una parte della pena inflittagli in carcere, Sofri sostiene che sia il luogo meno adatto per il vero pentimento di un detenuto. E' un luogo - prosegue - così disumano da arrivare ad annullare la differenza tra innocenza e colpevolezza, diventando inutile per il fine al quale è preposto, ovvero il pentimento.

L'uomo che si trova in carcere, continua, si trova in uno stato di grave umiliazione che arriva a prevalere sulla ragione che lo ha portato a quella situazione. L'unico 'pentimento' che si prova è quello di maledire il motivo che ha portato ad essere detenuti.

Queste le motivazioni che, secondo Sofri, portano a pensare che la detenzione sia una sorte di 'università del crimine'.

Perchè fanno solo pensare a chi ci si ritrova, a delinquere meglio una volta fuori cercando di evitare di venire arrestati e portati ancora dentro. Il vero pentimento, in pratica, avverrebbe non grazie al carcere, ma nonostante esso: è un processo di conversione personale. La galera, in sostanza, è solamente una sorte di 'vendetta'.