Oggi, in Israele, è giorno di Elezioni politiche; da stamane è in corso la sfida tra il premier uscente e leader del Likud Benyamin Netanyahu, al potere dal 2009, e l'ex generale Benny Gantz, leader della coalizione di tre partiti centristi denominata "Blu e Bianco". I votanti in tutto il Paese sono 6,3 milioni, di cui il 16% di nazionalità araba; si vota negli ospedali, nelle caserme e nelle carceri. Secondo gli ultimi sondaggi, tra i due sfidanti sarebbe in corso un testa a testa mozzafiato.
Dopo aver sciolto la Knesset, il Parlamento israeliano, alla fine dell'anno a causa delle tre incriminazioni per corruzione e frode che l'avevano colpito, al momento non ancora formalizzate e portate a sentenza, Netanyahu sembrava aver perso il favore degli israeliani e quindi la possibilità di essere rieletto per la quinta volta, frustrando la sua aspirazione a diventare il premier più longevo della storia di Israele; ma, con un colpo di coda tipico del politico di lungo corso e di esperienza, ha fatto un balzo in avanti con una dichiarazione che ha messo in crisi le certezze di quella parte di opinione pubblica orientata verso un cambiamento radicale affermando a sorpresa che "se fossi nuovamente eletto, potrei annettere la Cisgiordania".
I simpatizzanti palestinesi di Israele
Sarà comunque interessante esaminare il voto della porzione palestinese della popolazione: i risultati, secondo quanto è emerso da un sondaggio sul territorio, potrebbero sorprendere. Sono molti gli arabi cui non spiacerebbe un'eventuale annessione a Israele: sono tutti coloro che, quotidianamente, passano i controlli per recarsi al lavoro a casa del "nemico". Solo a sud di Gerusalemme, nella zona di Efrat, ce ne sono circa 900.
Pare che, quando si tratta di lavoro, fra i due popoli si riesca a dialogare e a stabilire un ponte che spesso la Politica e gli interessi partigiani delle fazioni in campo, tendono a respingere nelle retrovie della storia millenaria di quella terra martoriata.
Gantz, militare sceso in politica
Tornando alle elezioni, l'ex capo di stato maggiore Gantz non sembra avere il carisma necessario a scavalcare Bibi Netanyahu, vecchia volpe politica capace di dialogare con personaggi del calibro di Arafat e di incassare l'appoggio politico dell'America di Trump.
Da dicembre, ossia da quando ufficialmente entrò nell'agone politico presentando il suo movimento Hosen L'Yisrael, Resilienza per Israele, Gantz si è trincerato dietro un ambiguo silenzio; su un tale atteggiamento si è commentato in modo diametralmente opposto, essendoci chi lo ha reputato strategico e chi lo ha ritenuto un escamotage per mascherare l'assenza di argomenti.
Per la verità, a giudicare dalle scarne dichiarazioni fatte in campagna elettorale non pare che abbia molto da dire, a parte il fatto che "il concetto di destra e di sinistra non hanno più significato, non contano le ideologie ma le necessità del Paese", allineandosi a un concetto che in Occidente è ormai diventato un mantra.
Tutto può accadere, la bella presenza ha indubbiamente la sua importanza e questo certo non gli manca, ma come sempre alla fine fa la differenza l'esperienza sul campo. E la passione.