Questo sabato 1° febbraio si è svolta a Roma, negli studios di Cinecittà, la prima assemblea nazionale di Italia Viva, il partito politico fondato da Matteo Renzi nello scorso mese di settembre dopo la scissione dal PD. Diverse centinaia le persone presenti all'evento che è stato caratterizzato da un lungo intervento di Matteo Renzi. Un intervento a tutto tondo, che ha toccato ogni tema di attualità, o quasi, e che ha mostrato il chiaro dualismo su cui il partito si regge, quello tra i due " Matteo": il primo sul palco a parlare e discutere, il secondo citato in ogni discorso e invettiva, in ogni presa di posizione e commento a margine. Si tratta ovviamente di Matteo Salvini, una delle principali cause, come affermano anche diversi intervistati, della nascita del partito e del Governo Conte II.
Se Salvini è motivo di unione e di "responsabilità" per i molti presenti, l'argomento a non essere mai stato citato da Renzi, durante il suo lungo intervento dal palco, è il tema del Referendum Costituzionale sul taglio dei parlamentari che si terrà a marzo. Un tema ignorato, probabilmente, per la sua assenza dalle cronache mondane, ma anche per altri due motivi: l'argomento è ancora una ferita aperta per Renzi, visto che si parla di un referendum riguardante il taglio dei parlamentari, simile a quello che quasi gli costò la fine della carriera Politica; in più, il suo partito è già spaccato in due sull'argomento.
Il Referendum Costituzionale sul taglio dei parlamentari
Il prossimo 29 marzo l'Italia sarà chiamata alle urne per decidere sul taglio del numero di parlamentari. Il quarto referendum costituzionale nella storia della Repubblica Italiana e porterà gli italiani a dover scegliere se ridurre il numero di parlamentari tra Camera e Senato di, rispettivamente, 230 deputati e 115 senatori.
L’8 ottobre scorso la Camera ha approvato la legge di revisione costituzionale che prevede la riduzione del numero di deputati (-230) e senatori (-115). Quindi, per essere precisi, se i cittadini italiani voteranno per il taglio del numero dei loro rappresentanti, i deputati passeranno da 630 a 400 mentre i senatori da 315 a 200.
Un cambiamento come quello tentato da leader di Italia Viva durante il suo Governo, poi fallito proprio per via del celebre referendum. E, a vedere come stanno le cose nel neonato partito renziano, il taglio dei parlamentari sembra proprio essere la kryptonite di Matteo Renzi. Se il partito è infatti unito contro Salvini e sulle tematiche e temi su cui contrastare la Lega, mostra invece segni di spaccature sulle tematiche più distanti. Non è un mistero, infatti, che la nascita del partito sia avvenuta in un momento di opportunità politica, nonostante un innegabile gestazione durata mesi, se non anni, all'interno del Partito Democratico. Con l'arrivo poi, all'interno delle fila renziane, di esponenti ed elettori da sempre vicini a Forza Italia e al centro destra, qualche piccola crepa di assestamento era inevitabile.
Che si manifestassero però sin dai primi mesi non era certo prevedibile. In più, che a causarle sarebbe stato un Referendum Costituzionale, del tutto simile a quello che condannò e quasi distrusse la carriera politica di Matteo Renzi, è una strana ironia del destino.
Toccafondi: 'Senza legge elettorale, il sì al referendum è un vero e proprio attacco alla democrazia rappresentativa'
Tra i tanti presenti alla prima Assemblea nazionale di Italia Viva, tutti gli interpellati hanno espresso parere simile, almeno il linea di principio, sulle tematiche affrontate da Matteo Salvini e dalle leggi proposte dal Governo Lega-Movimento 5 Stelle. A dividere, come già annunciato, il taglio dei parlamentari, argomento sicuramente più ostico da affrontare visto che tutti i diretti intervistati sono direttamente coinvolti da qualunque decisione verrà emessa dalle urne.
L'onorevole Gabriele Toccafondi, fiorentino di nascita e berlusconiano di provenienza, ha ben incarnato questo dualismo: "Avevamo sempre detto che il Paese aveva bisogno di un Governo e dopo le Politiche nessuno aveva una maggioranza. Se fossimo tornati alle elezioni si sarebbe precipitati nella situazione di instabilità già vista in Spagna; Lega e M5S al Governo insieme per un anno e mezzo hanno fatto solo danni, dimostrando che col populismo non si può governare. Per fortuna dall'estate si è trovata una nuova maggioranza e la rivendico! Ma questo non significa condividere le posizioni e proposte del M5S, ma solo che è una maggioranza necessaria. Non bisogna dare il Paese in pasto ai populisti come Salvini, perché ci avrebbero portato fuori dall'Europa.
Ora bisogna governare e dare risposte!". Chiarito il punto sulla necessità di un Governo unito contro Salvini e del fatto che, pur di evitarlo, si è disposti a lavorare fianco a fianco con il M5S, ha poi proseguito parlando del referendum costituzionale del 29 marzo: "Noi abbiamo votato la riforma costituzionale in Parlamento però ribadiamo il tema, a noi molto caro, che non si aiuta così il Paese. Il problema non è solo il numero dei parlamentari ma il fatto che ad esempio una legge deve fare pingpong fra un'Aula e l'altra del Parlamento, è il sistema è troppo farraginoso. La soluzione era la riforma del 2016. La riforma costituzionale che taglia 400 parlamentari fatta da sola, senza un'adeguata legge elettorale e senza una modifica dei regolamenti parlamentari, è un vero e proprio attacco alla democrazia rappresentativa".
Poi ha chiuso sulla legge elettorale: "Bisogna guardare alla realtà, si deve puntare a rappresentatività e governabilità. A noi non fa paura lo sbarramento al 5%. Da ormai 12-15 anni questo paese non è bipolare né tanto meno bipartitico, e gli ultimi governi hanno avuto una maggioranza molto trasversale che non è uscita dalle urne. Il sistema proporzionale è quello che di fatto ci ha salvato".
Ivan Scalfarotto: 'riforma sbagliata, ma non so ancora come votare'
Ivan Scalfarotto, sottosegretario al Ministero degli Esteri dell'attuale Governo Conte II, ha sottolineato come, nonostante tutto, questo Governo porterà a termine la legislatura: "Si voterà nel 2023, anche se non ho la sfera di cristallo.
L'Italia ha bisogno di tempo e di stabilità. Uno dei nostri problemi all'estero è che non siamo rappresentati per più di un anno o due dalla stessa faccia nelle sedi decisionali". Riguardo all'imminente referendum costituzionale del 29 marzo ha invece chiarito: "Penso che quella riforma sia profondamente sbagliata, ma non mi sono posto il problema di come votare. E' sbagliata non perché non si dovrebbe ridurre il numero dei parlamentari, ma perché penso che riducendo la forza lavoro in qualsiasi organizzazione lasciando però immutati i processi, l'organizzazione si blocca. Giusto ridurre i parlamentari, ma bisognava farlo come nel 2016, quando anche le procedure sarebbero cambiate. Ma se restasse tutto come adesso sarebbe un problema.
Come Italia Viva parleremo della nostra posizione sul voto. Ridurre il numero dei parlamentari era giusto, ma è stato scelto il modo peggiore per farlo". Supporto quindi all'attuale Governo e al Referendum del 2016, quello di Renzi appunto, e idee chiare su quello di marzo pur senza rilasciare una chiara dichiarazione di voto. Una posizione che, seppur legittima, rappresenta il quadro di incertezza riguardo alle sorti del futuro referendum, definito "profondamente sbagliato" ma su cui ci si esprime il riserbo sul voto.
Davide Faraone, capogruppo al Senato di Italia Viva: 'Questo Governo è nato per un'emergenza. Al referendum voteremo sicuramente sì'
Anche il capogruppo di Italia Viva al Senato, Davide Faraone, ha mostrato di non essere immune alle crepe e le incertezze che iniziano a vedersi nel partito.
Ex parlamentare del Pd della corrente Renziana nonché sottosegretario nei governi Renzi e Gentiloni, ha seguito il suo leader anche in questa avventura politica: "Noi puntiamo ad arrivare in doppia cifra - parlando di percentuali di voti - alle elezioni e lo spazio politico c'è. Perché ci sono populisti sia di destra che di sinistra, mentre al centro c'è uno spazio riformista che Italia Viva punta a occupare. In prospettiva raggiungeremo percentuali importanti. Questo Governo è nato per un'emergenza. E' chiaro che la riteniamo un'esperienza temporanea, come temporanea sarà l'alleanza con il Movimento 5 Stelle. Noi non siamo il Pd che pensa a una prospettiva con i grillini". Un Governo di necessità, quindi, quello col Movimento 5 Stelle e il Pd e guidato dal Premier Conte: "Sta facendo bene come Presidente del Consiglio e lo appoggiamo, ma non può essere il leader dei progressisti, forse lo può essere per il PD, non per noi.
Vogliamo andare avanti fino al 2023, ma per fare cose concrete. Se dobbiamo stare lì a vivacchiare, allora meglio andare a votare. Ma noi vogliamo arrivare a fine Legislatura. Tutto il Governo deve acquisire un profilo riformista come quello che, per adesso, ha avuto solo Italia Viva. Finora il Governo Conte ha rischiato di essere troppo simile al precedente". Faraone si è poi anche lui spostato sul tema del prossimo Referendum del 29 marzo: "Non porterà crisi per il Governo. Noi voteremo sì, come abbiamo sempre detto. Abbiamo introdotto una riforma istituzionale importante, anche con la revisione dell'elettorato attivo al Senato, e con una riforma elettorale proporzionale con sbarramento al 5%.
Senza dubbio voteremo sì. Certo è strano dover fare un referendum, facendo spendere soldi ai cittadini, solo perché Salvini e i suoi parlamentari hanno raccolto le firme. Questo referendum si poteva anche non fare".
Ad emergere, dalle varie dichiarazioni, è l'immagine di un Partito politico in assestamento e che mostra già le prime crepe e dissonanze. Se per tutti la necessità di non far governare Salvini e i populisti è la priorità, è anche emerso un certo "disgusto" nel Governo col Movimento 5 Stelle, ritenuto comunque un altro partito fortemente populista. Un sacrificio necessario che verrà anche portato a termine (almeno questa è l'intenzione), fino a quel 2023 che sarebbe la naturale data di scadenza della legislatura.
A impedirlo e a creare i primi guai per Renzi potrebbe però essere il Referendum del 29 marzo, che ha già mostrato la nascita di due correnti contrapposte tra chi lo ritiene un attacco alla democrazia e chi lo sostiene senza il minimo dubbio. Il 29 marzo sarà dunque un passaggio delicatissimo per il Governo Conte e per Renzi, che si potrebbe di nuovo trovare a giocarsi la sua carriera politica su un Referendum Costituzionale sulla riduzione del numero di Parlamentari.