Antonio Ingroia era il numero due della Procura di Palermo ai tempi dell'inchiesta sulla trattativa Stato-Mafia. In un'intervista rilasciata alla testata giornalistica spraynews.it, tra i temi trattati, ha risposto ad alcune domande relative alle intercettazioni che avevano coinvolto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e l'ex ministro degli Interni Nicola Mancino. Quest'ultimo, imputato, venne poi assolto. Sorse, però, un conflitto d'attribuzione in cui la Cassazione arrivò a determinare la distruzione delle comunicazioni intercorse tra i due.

Circostanza che, a distanza di anni, continua a destare polemiche.

Questione tornata d'attualità per parole di Di Matteo

Negli ultimi giorni la questione è tornata in auge per effetto di alcune dichiarazioni rilasciate dal magistrato Nino Di Matteo davanti alla Commissione Antimafia. Questi ha rivelato come Ingroia sarebbe stato avvicinato dal direttore di Repubblica Ezio Mauro, per conto di Giorgio Napolitano, affinché si evitasse lo scontro istituzionale sul conflitto di attribuzioni fino ad arrivare alla Corte Costituzionale. "Queste cose - rivela Ingroia - le ho scritte in un libro e nessuno se n'è lagnato". L'ex procuratore aggiunto della Procura di Palermo etichetta come "imbarazzata" e "sgangherata" la smentita del giornalista.

Parole significative anche nei confronti dell'allora capo dello Stato. Dalle parole di Ingroia emerge un giudizio nei confronti del Presidente della Repubblica secondo le circostanze emerse non lo farebbero comunque uscire "bene". Una considerazione che, come lui stesso spiega, viene spiegata attraverso una doppia chiave di lettura.

L'ex procuratore aggiunto di Palermo, infatti, mette in risalto come il Quirinale, in quel caso, avrebbe minacciato il conflitto di attribuzioni, finendo poi per attuarlo. Dall'altra parte, invece, avrebbe provato a percorrere una strada al di fuori da quelli che sono i canali usuali della comunicazione tra istituzioni. Chiaro, in questo caso, il riferimento all'ex direttore di Repubblica come mediatore.

Intercettazioni di Napolitano distrutte nel 2013

Rispetto al fatto che Mauro avrebbe sostenuto che fosse stato Ingroia a cercare un contatto con Napolitano, l'ex magistrato smentisce seccamente. "Io all'epoca - specifica - ero procuratore aggiunto, capo del pool sulla trattativa. Non avevo sicuro bisogno di un direttore di giornale per entrare in contatto con il capo dello Stato".Nel 2013 la Cassazione ha disposto la distruzione delle intercettazioni tra Napolitano e Mancino. Restò il segno di un conflitto particolarmente duro tra due dimensioni istituzionali di quel rango, forse senza precedenti. Vicenda a cui Ingroia riserva conclusioni personali. "La furia del Quirinale - evidenzia - in quell'occasione, pur all'interno dell'esercizio di un potere legittimo, fu un fatto, a mio avviso inedito".

L'ex procuratore aggiunto di Palermo sottolinea come nella storia dell'Italianon ci sarebbero precedenti di "dichiarazioni di guerra" con cui il capo dello Stato si sarebbe scagliato contro un procuratore della Repubblica.