L’allarme sulle proprietà cancerogenedelle carni rosse e lavorate, lanciato dall’OMS,continua a far discutere. La parola passa a due associazioni che lavorano per tutelare l’interesse dei cittadini: il Codacons (che ha presentato un esposto urgente alla magistratura) e il Movimento Difesa del Cittadino (che ha puntato sull’informazione per sgomberare il campo da allarmismi eccessivi).

L’esposto del Codacons

A spiegare le motivazioni che hanno portato il Codacons a presentare un esposto al pm di Torino Guariniello, è Stefano Zerbi portavoce dell’associazione.

“La nostra iniziativa si basa sul principio di precauzione che, a livello comunitario, prescrive che in tema di ambiente e sanità quando c’è un reale rischio per la salute, devono esser adottati provvedimenti per prevenire problemi ai cittadini. L’interesse della salute della popolazione infatti è sempre prioritario rispetto ad altri fini come quello economico e politico”. Le rassicurazioni dei produttori italiani sulla qualità delle carni nostrane, possono servire fino a un certo punto. “La realtà - ha affermato il portavoce Codacons - è che non mangiamo solo carni allevate e trasformate in Italia. Quando si va da Mc Donald o nei classici fast-food, chi può darci la certezza della provenienza di quel prodotto?”.

I timori delle mamme

È bastato tuttavia solo la diffusione dell’allarme, per allontanare carni rosse e insaccati dalle tavole degli italiani. Un effetto inevitabile denunciato dalle associazioni di categoria come Confesercenti. “Non siamo per il divieto di mangiare determinati alimenti - ha replicato Zerbi - ma preferiamo essere analitici: c’è l’allarme dell’OMS che è molto serio, allora vanno poste contromisure a tutela dei cittadini.

Non vogliamo passare per allarmisti ma poniamo l’interesse del consumatore al di sopra di ogni cosa”. L’argomento è talmente delicato che ha portato a una spaccatura nell’opinione pubblica: “I cittadini sono molto preoccupati e ci sostengono, ma sono arrivate anche critiche da coloro che pensano si stia esagerando”. “Molte delle segnalazioni - ha concluso Zerbi - riguardano mamme che pretendono più chiarezza anche per un senso di responsabilità nei confronti dei figli”.

L’approccio di MDC

Per evitare allarmismi inutili l’associazione dei consumatori Movimento Difesa del Cittadino, ha invitato il ministero della Salute a rendere note le specifiche dello studio IARC. A finire sotto accusa, semmai, è la carenza della comunicazione istituzionale. “Il messaggio è chiaro e indica - ha affermato Silvia Biasotto, dell’area alimentazione del MDC - che il consumo di carni lavorate, come quelle rossa, risulta essere uno dei fattori che portano al cancro, ma non è la causa esclusiva scatenante”. Per questo sono state inserite nel gruppo di alimenti a rischio al “pari del tabacco”. L’organismo dell’OMS, insieme alla notizia, ha indicato un altro concetto sottovalutato: “Il compito di dettare le linee guida spetta alle istituzioni nazionali e tocca quindi ad esse fare delle raccomandazioni dietetiche e quindi nutrizionali per informare i consumatori”.

Viva la dieta mediterranea

Sottolineare il caso è giusto, così come ricordare che lo Iarc ha indicato le quantità che delimitano il rischio. “Quando si va a calcolare la potenzialità di un rischio di salute - ha sottolineato Silvia Biasotto - deve essere necessariamente commisurata alle quantità di consumo. Ad esempio è chiaro che se si fuma una sigaretta al giorno, piuttosto che un pacchetto, il danno è differente”. “Nel caso in questione - ha specificato - si parla di 100 grammi al giorno di carni rosse e di 50 grammi al giorno di carni lavorate”. Soglie che, come accertato dagli esperti, risultano ben lontane dal consumo medio registrato in Italia. “Occorrerà un chiarimento - ha affermato l’esponente MDC - per rivedere le attuali indicazioni nutrizionali e apportare alcuni cambiamenti”. Nel frattempo il consiglio è unanime: “Seguite la dieta mediterranea ed eviterete rischi e pericoli inutili”.