Nel modernissimo Giappone del 1990 non è rimasto quasi niente dei mitici samurai, eppure quell'11 febbraio tutto è stato organizzato per celebrare un invincibile guerriero. Il direttore d'orchestra è Don King, per l'uomo che ha creato quasi dal nulla 'Rumble in the Jungle' è quasi un gioco da ragazzi esportare il suo nuovo guerriero alla volta del Sol Levante.

L'11 febbraio del 1990, dunque, il Tokyo Dome è pronto a celebrare un'altra vittoria di Mike Tyson e l'avversario sembra decisamente 'su misura'. Si parla ormai da mesi della 'vera' sfida, dell'unico uomo che potrebbe contrastare il dominio di 'Iron Mike', campione indiscusso ed imbattuto della categoria regina.

Per tutti lo sfidante ai titoli WBA, WBC e IBF, James 'Buster' Douglas, è solo uno sparring in vista del possibile match tra Tyson ed Evander Holyfield. Le cose andranno diversamente da come tutto il mondo le aveva ipotizzate e nell'arco delle dieci riprese tra le più incredibili della storia della Boxe, l'invincibile guerriero (37 vittorie su altrettanti incontri in carriera prima di quel match) conoscerà l'amaro sapore di una sconfitta per ko. Quel clamoroso risultato, però, non porterà fortuna a Douglas la cui carriera probabilmente è finita quel giorno in cui ha raggiunto l'apice ed ottenuto l'immortalità.

Quella di Tyson continuerà, anche dopo Douglas, dopo la condanna per abusi ed il carcere.

Tornerà sul ring e sarà nuovamente campione, prima di incontrare Evander Holyfield e conoscere ancora la sconfitta e prima di salire ancora sul quadrato per un titolo, stavolta contro Lennox Lewis nonostante sia solo l'ombra di quel guerriero che a soli vent'anni, nel 1986, era salito sul trono dei pesi massimi. La sua parabola discendente in realtà è già iniziata in quell'11 febbraio 1990.

Douglas: 'Avevo appena perso mia madre, lei era convinta che avrei battuto Tyson'

Nettamente sfavorito dal pronostico (la sua vittoria era quotata 42-1) e quasi ignorato in conferenza stampa pre-match dove tutti erano per Tyson, James Douglas stava vivendo una situazione emotiva durissima: 23 giorni prima del combattimento di Tokyo aveva perso la madre.

"Mia mamma volò via in quelle settimane ed io già attraversavo un momento difficile perché mi stavo separando da mia moglie. Era malata, ma fu la mia forza. Lei era convinta che avrei battuto Mike. Mi ha sempre insegnato a credere in me stesso".

Il pugile originario di Columbus compirà 60 anni il prossimo mese di aprile, a pochi giorni dal trentesimo anniversario del combattimento di Tokyo è stato raggiunto dal Giornale per un'intervista. Tra le altre cose, il cronista gli chiede se è vero che Tyson fosse fuori forma quando lo ha affrontato e lui risponde quasi adirato. "Questa è davvero una str..., se Mike non fosse stato in forma non sarebbe stato capace di schivare tutti quei colpi. La verità è che non ha mai accettato quella sconfitta, piangeva e si lamentava come un bimbo nella culla".

Le polemiche per l'ottavo round

Che però non sia il solito Tyson è sotto gli occhi di tutti in quella serata giapponese. Il pubblico del Tokyo Dome segue attonito gli sviluppi del match: Douglas lavora con il jab e tiene a distanza il campione, lo punzecchia e non solo: Mike ha l'occhio sinistro gonfio e non riesce ad accorciare la distanza, le riprese passano e lo sfidante accumula un vero patrimonio di punti. Nell'ottavo round però accade qualcosa che potrebbe cambiare le sorti del combattimento.

"Ribatteva colpo su colpo, ma io mi difendevo bene - ricorda Douglas - solo che a 10" dalla fine del round mi è arrivato un montante destro che mi ha messo al tappeto. L'ho sentito, ma ero lucido: ho atteso tutto il tempo a disposizione prima di tirarmi su".

I secondi trascorrono e, cronometro alla mano, sono più di 10: un clamoroso errore dell'arbitro, per i supporters di 'Iron Mike' tutt'altro che in buona fede. Douglas si rialza e nel round successivo si dimostra pienamente recuperato.

'Quella vittoria non mi ha portato fortuna'

Si arriva dunque al decimo round ed è qui che Douglas aggredisce Tyson e lo tempesta di colpi: "L'ho colpito con un montante, poi altri quattro colpi tutti a segno. Lui è andato ko per la prima volta nella sua carriera. Al termine dell'incontro ho pianto, il primo pensiero è andato a mia madre. Il pubblico scandiva il mio nome, lo speaker mi ha annunciato come vincitore dell'incontro e nuovo campione del mondo, ma io avevo perso la parola, non riuscivo a dire nulla".

Raggiunta la cima, per Buster Douglas inizia una rapidissima discesa. Don King non accetta il verdetto a causa di quel contestato ottavo round e trascina la questione per vie legali. Passeranno mesi, ma la vittoria di Douglas sarà riconosciuta come legittima. "Ho viaggiato in lungo e in largo da un tribunale all'altro e questa situazione mi ha impedito di preparare al meglio la mia prima difesa contro Evander Holyfield".

Il 25 ottobre dello stesso anno, infatti, perderà i titoli cedendo in tre riprese all'ex campione mondiale dei cruiser. In realtà la sua situazione psicologica non era delle migliori, così come ha confermato alcuni giorni fa in un'altra intervista concessa all'agenzia Associated Press.

La disputa sull'esito del combattimento ed il dolore ancora fresco per la morte della madre lo fecero andare in crisi. "Non mi importava più nulla, tutto si era trasformato in un incubo e per certi versi perdere con Holyfield fu un sollievo, ma nello stesso tempo sconvolgente per il modo in cui tutto era finito. Quella vittoria non mi ha portato fortuna".

I problemi di salute

James Douglas lascia la boxe, da lì a poco gli verrà diagnosticato il diabete. Le cure a cui è costretto a sottoporsi sono costose e lo spingono nuovamente sul ring: siamo nel 1996, quello stesso anno una crisi dovuta all'aggravamento della malattia gli farà rischiare la vita: si sveglierà in un letto d'ospedale. "Mi si accese una lampadina e la scelta di tornare in vita o andarmene, decisi di tornare a vivere".

Si ritirerà definitivamente nel 1999, sulla soglia dei 40 anni. Oggi insegna boxe ai ragazzini che lo guardano attoniti come l'uomo che trent'anni fa mise al tappeto uno dei più grandi pugili di ogni epoca.

Tra gli allievi anche i suoi figli, Artie e Kevin: lui sostiene che hanno grande potenziale. Giovani di belle speranze ai quali Buster Douglas insegna innanzitutto che nulla è impossibile: se lo dice lui, è certamente una fonte attendibile.