All'età di 17 anni un grave incidente motociclistico ferma il suo cuore per un minuto e gli causa l'amputazione della gamba sinistra. Da quel giorno Andrea Devicenzi riscopre il valore della vita, attraverso un lungo percorso di accettazione che lo porterà a compiere imprese straordinarie. Come quella che, dal 22 agosto al 17 ottobre 2020, a 48 anni appena compiuti, lo porterà a percorrere i 900 chilometri della Via Postumia, da Aquileia a Genova. 42 tappe percorse in 56 giorni, con l'ausilio delle inseparabili stampelle in carbonio Katana, da lui ideate.
A Blasting News l'atelta paralimpico ha parlato di questa nuova avventura, ma anche della sua attività di coach, formatore e speaker motivazionale.
La nuova impresa
Sabato 22 agosto prenderà il via la tua nuova impresa sportiva. Com'è nata l'idea di queste avventure così impegnative?
"È nata l'anno scorso, quando ho percorso la Via Francigena del Nord che da metà percorso in poi ha avuto un successo straordinario e catturato l'attenzione di personalità importanti che ho avuto il piacere di conoscere tra cui Papa Francesco e Virginia Raggi, sindaca di Roma. Per questo 2020, l'intenzione era percorrere la Via Francigena del Sud: era tutto programmato ma l'emergenza sanitaria ha fatto saltare tutto, quindi abbiamo deciso di “congelare” il progetto e rimandarlo al prossimo anno.
A quel punto avevo deciso di organizzare un'impresa in Calabria, ma non c'era un vero e proprio cammino da percorrere. A quel punto ho optato per la Via Postumia, che passa a 300 metri da casa mia e fa tappa nelle zone più colpite dal virus".
Qual è l'obiettivo principale di questo progetto?
"Percorrerò 930 km di zone della nostra Italia, facendo conoscere i territori e la gente che li vive, raccontando le loro storie.
Non dico che sarà un'impresa, ma sarà qualcosa di molto importante".
Come potremo seguire l'evolversi del tuo viaggio?
"Ho costretto il mio amico Luca Rovelli a seguirmi con la bicicletta, così si stanca meno che a camminare! A lui ho affidato il ruolo di film-maker: farà video e foto di tutta l'avventura e ogni giorno, sul mio sito ufficiale, pubblicheremo un video di 3 o 4 minuti che racconterà la giornata.
Mostreremo i territori, daremo luce ai cittadini e alle amministrazioni, oltre che alle aziende e alle specialità enogastronomiche. Alla fine dell'avventura realizzeremo anche una mostra fotografica".
Il valore delle persone
Mi sembra di capire che le persone che incontrerai sul tuo cammino saranno protagoniste almeno quanto te.
"Certamente! Attraverso la loro voce, i loro occhi, i loro territori, spero abbiano voglia di raccontare come stanno superando le difficoltà di questo periodo o cosa hanno fatto per uscirne. So che ci sono persone che si stanno organizzando per unirsi a me durante alcuni tratti del percorso: sono le benvenute! Chiunque voglia essere al mio fianco per una o più tappe lo può fare senza problemi.
Non ci sono moduli d'iscrizione. Chiediamo solo che ci avvisino, così possiamo organizzarci meglio".
Tra le 47 tappe del percorso, ce n'è una che attendi con particolare emozione?
"Non conosco ancora bene tutte le mete. So che attraverseremo città enormi e molto belle. Forse la tappa più importante sarà quella del 26 settembre, quando passerò dal paese dove abito: Martignana di Po. Sarà interessante arrivare su quel tracciato, che vedo ogni giorno, avendo macinato tanti chilometri alle spalle. Sono certo che sarà emozionante".
Quale sarà la colonna sonora del tuo viaggio?
"Raramente ascolto musica durante le mie imprese. Generalmente mi lascio accompagnare dai rumori che mi circondano: la natura, le voci, lo scricchiolio delle stampelle quando toccano a terra, il calpestio del piede.
Forse lascerò un po' di spazio per la musica dei Pink Floyd. Li ascolto da quando avevo 13 anni. La loro musica mi ha sempre fatto viaggiare con la mente in mondi incredibili".
Tu hai una moglie e due figlie. Come vivono questo tuo lavoro?
"Hanno imparato ad accettarlo. Hanno capito che non è una vacanza: c'è da camminare tante ore, curare la comunicazione, ascoltare le storie della gente. Sono giornate molto impegnative ma arricchiscono me e tutte le persone che mi stanno intorno, di riflesso anche la mia famiglia. Mi piacciono le fonti di energia e credo nell'influenza dell'ambiente che frequentiamo: la positività che ricavo da queste imprese è fruttuosa per tutta la famiglia".
L'attività di formatore esperienziale
Dopo una lunga esperienza come dipendente in campo siderurgico, sei diventato coach, formatore e speaker motivazionale. È qualcosa che hai sempre voluto fare, anche prima del tuo incidente motociclistico?
"No. A quel tempo ero strapieno di vita. Avevo lasciato gli studi ma lavoravo con mio padre come posatore di pavimenti. Era un lavoro difficile ma avevo moltissima forza. Facevo canoa, avevo una vita sociale pienissima, ero 82 kg di muscoli. Non pensavo che la mia vita sarebbe cambiata di colpo. Il percorso di coaching è qualcosa che faccio da circa 5 o 6 anni".
La tua disabilità ha influito nella scelta di intraprendere questo nuovo percorso professionale?
Sicuramente ha influito, anche se è arrivato vent'anni dopo l'incidente. Questo lungo periodo è servito per accettare la mia disabilità. Quando passeggio con la famiglia e vedo il mio riflesso nelle vetrine, la mancanza della mia gamba è qualcosa a cui non faccio caso. Non porto la protesi, utilizzo le stampelle, ma ormai ci convivo serenamente. Prima di occuparmi di formazione ho voluto io per primo superare le mie barriere e difficoltà. Non trovo coerente che tu vada a portare ad altre persone esempi sul “come fare”, quando tu per primo non ci sei ancora riuscito".
E tu, come ci sei riuscito?
"Quell'incidente ha portato via un pezzo importante del mio corpo, ma mi ha insegnato tante, tantissime cose.
Quando accadono eventi del genere, non puoi più tornare indietro. Quell'amputazione rimarrà per sempre. È importante superare nel più breve tempo possibile le difficoltà. Più velocemente superi quella barriera e prima capirai cosa puoi fare di meraviglioso con ciò che ti è rimasto".
Qual è la filosofia portante di queste tue attività complementari?
"Quando faccio lo speaker motivazionale ho il mio microfono ad archetto. Continuo a camminare avanti e indietro con l'aiuto delle mie stampelle, senza mai spostare l'attenzione sulle mie disabilità. Mi piace ragionare come se fossi una persona “normale”. Voglio che le persone pensino: “cavolo, tutto questo e in più gli manca anche una gamba”. Non sono io a raccontarti del mio pezzo mancante, voglio che sia tu a pensarlo.
Il messaggio di base è: “se l'ho fatto io, puoi farlo anche tu”. Io non sono un fenomeno, ho solo capito come superare le mie difficoltà mettendoci molta motivazione positiva. I miei incontri finiscono sempre tardissimo, c'è grande coinvolgimento, la gente è curiosa. Non sono l'atleta paralimpico che ti racconta delle sue medaglie. Io sono lì per raccontarti come ho superato le mie difficoltà. La gente non si annoia".
Tu sei una persona che dona moltissimo agli altri, ma qual è il dono più grande che hai ricevuto?
"Sicuramente quello della vita. Quando a 17 anni ti si ferma il cuore per 50 secondi e ricomincia a battere senza che tu abbia subìto alcun danno cerebrale, pensi che chi c'è dall'altra parte, chiunque sia, ha deciso di rimandarti sulla Terra.
A quel punto ci ho messo del mio: mi sono riconquistato una vita “normale” e se possibile anche qualcosina di più. Nei primi anni sembrava tutto perso, ma poi sono riuscito a ricostruirmi una normalità a livello famigliare, lavorativo e sportivo".
I tuoi messaggi sono estremamente motivazionali, ma qual è il consiglio più stimolante che tu hai ricevuto?
“Che tu creda di farcela o di non farcela, avrai comunque ragione”. Ciò che ha detto Henry Ford mi ha fatto sempre riflettere su dove direzionare i miei pensieri. Dipende quasi tutto dalla nostra responsabilità. Certo, abbiamo l'influenza della società, della famiglia e di altro ancora, ma la più grande responsabilità è nostra. Questo mi ha cambiato il modo di vedere le cose".