Sono passate quasi due settimane, ma la tappa (oramai famosa) dello scorso giovedì 12 agosto del Giro di Brianza continua a far parlare di sè. La tappa, infatti, era stata sospesa dal direttore di corsa a causa di una superiorità troppo evidente da parte di uno dei partecipanti. L'uomo, infatti, andava talmente più forte rispetto agli altri che ha destato i sospetti degli altri ciclisti, che lo hanno accusato di utilizzare un motorino, truccando di fatto la competizione. L'uomo, alla fine, è fuggito e nulla più si è saputo sulle sue sorti. Nelle ultime ore, però, il fatto è tornato alla ribalta grazie alle parole di Ambrogio Romanò, che era presente quando è avvenuto il tutto è che ha deciso di rilasciare la propria testimonianza al portale Tuttobici Web.

'Eravamo tutti in fila e tiravamo, ma lui continuava a guadagnare'

Il racconto dell'uomo è abbastanza emblematico. Romanò, infatti, ha affermato che, in quella particolare fase della corsa, vi era un gruppetto di corridori che era riuscito ad avvantaggiarsi, staccandosi dal resto dei ciclisti. L'uomo, che ha specificato come tutti i corridori presenti fossero comunque dei "buoni atleti", ha poi raccontato di essersi accorto dell'arrivo di un corridore, che improvvisamente è riuscito a raggiungere il gruppetto in fuga. Dopo qualche secondo di stallo, in cui gli atleti si sono studiati, il corridore da poco sopraggiunto ha ripreso a spingere, guadagnando dei secondi e staccando gli altri ciclisti.

Questi, allora, hanno deciso di collaborare tra loro e spingere, nel tentativo di arginare l'iniziativa del fuggiasco solitario. Quest'ultimo, però, continuava a guadagnare. È a questo punto che è iniziato quello che il testimone definisce come "tam tam".

Gli altri ciclisti hanno iniziato a supporre la presenza di un motorino

Agli occhi dei più, infatti, la performance del ciclista fuggiasco è apparsa troppo innaturale, al punto da destare il sospetto: "Quello ha il motorino. Se, invece, è farina del suo sacco, allora tanto di cappello". Romanò ha poi continuato, spostando l'attenzione sul buco normativo che, di fatto, permette ai furbetti di utilizzare sistemi meccanici falsando, di fatto, le gare.

Al momento, infatti, la bicicletta del corridore amatore è considerata come un bene personale e, per questo, i regolamenti vietano le ispezioni su di esse da parte di giudicio commissari di corsa. Una pecca, questa, a cui sarebbe bene porre rimedio: come afferma Romanò, infatti, il fenomeno dei "furbetti del motorino" è in crescita, specie a partire dagli ultimi quattro o cinque anni, portando a una sfiducia sempre più maggiore da parte degli amatori che, invece, gioiscono della fatica dell'andare in bici.