Ultimamente siamo tornati a parlare di nucleare, in particolar modo dopo le dichiarazioni di Trump sul ritiro degli Stati Uniti dall'accordo sul nucleare iraniano. Queste misure secondo gli esperti, servirebbero per salvaguardare un eventuale utilizzo di Energia nucleare per scopi bellici e per ridurre la produzione di scorie nucleari dannose per l'Ambiente.
Il caso italiano
La causa primaria dal punto di vista dell'inquinamento che possiedono i paesi che sviluppano energia nucleare sono, appunto, le scorie nucleari radioattive, che obbligano tali stati a provvedere al loro smaltimento in modo sicuro e certificato.
Incredibilmente, lo smaltimento di tali scorie richiede una manutenzione costante e un paese come il nostro, che fino al referendum del 1987 ha prodotto energia nucleare, è costretto tutt'oggi a salvaguardare i siti di deposito scorie in cui sono stoccati tonnellate di rifiuti radioattivi prodotti antecedentemente al referendum.
Le 4 centrali nucleari italiane
Erano 4 le centrali attive in Italia: Caorso, Latina, Trino, Garigliano e una sola è la società che ne gestisce i rifiuti radioattivi e lo smaltimento delle suddette centrali: l'azienda di stato Sogin (società gestione impianti nucleari), supervisionata dal Ministero dello sviluppo economico.
Per i prossimi 300 anni dal 2000, anno in cui la Sogin ha iniziato a gestire lo smaltimento e stoccaggio dei rifiuti tossici, verrà investito denaro pubblico costante per mettere in sicurezza l'ambiente e la salute dei cittadini.
Purtroppo in Italia ci sono da sempre problemi legati ai rifiuti, in particolare a quelli tossici più pericolosi e più costosi, infatti uno di essi è rappresentato dai 3,7 miliardi di euro pagati in bolletta dagli italiani dal 2001 ad oggi di cui solo 700 milioni sono stati usati per lo smantellamento delle centrali nucleari.
Gli altri 1,2 miliardi sono stati utilizzati per il trattamento in Francia e nel Regno Unito del combustibile radioattivo, mentre il restante dell'ammontare è stato usato per coprire costi di gestione.
Sicuri, a che prezzo?
Dato che la Sogin non è stata correttamente supervisionata dal Ministero dello Sviluppo economico visto il mancato raggiungimento degli obiettivi, dovremo aspettare ancora molti anni prima della piena messa in sicurezza degli impianti radioattivi italiani.
Infatti a seguito dell'ultimo Cda di novembre 2017 della Sogin, è stato prorogato di altri 11 anni il piano per il pieno smaltimento dei rifiuti, con una ulteriore spesa pubblica che arriverà a toccare i 7,5 miliardi di euro entro il 2036, anno di "fine lavori". Si spera.