La Reggina sta attraversando uno dei momenti più delicati della sua storia recente. La squadra amaranto, che ha militato in Serie A per l’ultima volta nel 2008/2009, oggi è ripartita dalla Serie D e, dopo il secondo posto della scorsa stagione, ha iniziato l’annata con qualche difficoltà: 11 punti in 10 partite e già un cambio in panchina, con mister Torrisi subentrato a Trocini. Per analizzare la situazione del club e allargare lo sguardo anche ad altri temi del panorama sportivo, Blasting News ha intervistato Giorgia Rieto, giornalista e responsabile della comunicazione dell’ASD Bocale Calcio ADMO.
Profonda conoscitrice dell’ambiente amaranto e da anni vicino alle vicende della squadra della sua città, Rieto è nota per il suo approccio diretto e per la capacità di unire competenza e sensibilità. Nel libro “Non chiamateci quote rosa” di Valentina Cristiani porta la sua testimonianza sul tema dei pregiudizi nel giornalismo sportivo. In questa intervista, Rieto affronta lo stato attuale della Reggina, l’importanza di restituire dignità e identità a un club simbolo della città e il ruolo che i social network svolgono oggi nel racconto sportivo, sottolineando come professionalità e rigore restino valori imprescindibili in un settore ancora segnato da stereotipi.
Giorgia sulla Reggina: 'Non si tratta di un errore tecnico o tattico, ma di malumori che vanno ben oltre la panchina'
Giorgia, partiamo dalla Reggina. Lei la segue ormai da anni: 11 punti in 10 partite, solo 8 gol fatti. Che sta succedendo alla squadra amaranto, che probabilmente puntava a tornare in Serie C, soprattutto dopo la scorsa stagione?
In realtà la seguo da quando ero praticamente bambina, ma lavorativamente parlando sì, i tempi sono quelli. Purtroppo la situazione oggi non è delle migliori: c’è una totale impreparazione nella gestione di una squadra che ha scritto pagine importanti della storia del calcio calabrese e non solo. Mi dispiace dirlo, ma da qualche anno non vedo più rappresentati i colori della mia squadra, né da chi scende in campo, né da chi pensa di poter gestire tutto come fosse un giocattolo personale.
La Reggina è una cosa seria. Reggio Calabria e la Reggina hanno sempre camminato insieme, ed è triste vederci ridotti così. A volte nella vita basterebbe ammettere le proprie responsabilità e fare un passo indietro, per il bene comune. Si continua, invece, a combattere una guerra tra poveri, quando l’unica priorità dovrebbe essere il bene della Reggina. Ricordo che quando la squadra era in Serie A portava turismo, entusiasmo e un’identità fortissima per tutta la città. Oggi fa quasi effetto vedere le squadre avversarie emozionarsi entrando al Granillo, forse più di chi gioca in casa. È diventato tutto pesante, anche solo fare cronaca o guardare una partita. Mi auguro che presto arrivi una svolta e che gli interessi personali vengano messi da parte per il bene di una squadra che rappresenta un’intera comunità.
Esonerato Trocini: a pagare per primo è quasi sempre l’allenatore. Nel caso degli amaranto, il primo responsabile era davvero lui, a suo parere?
Assolutamente no. L’ho detto e scritto pubblicamente: qui non si tratta di un errore tecnico o tattico, ma di malumori che vanno ben oltre la panchina. Nel calcio, purtroppo, a pagare è quasi sempre l’allenatore, ma in questo caso non mi sembra di aver visto grandi differenze con Torrisi. Anzi, ha avuto il coraggio di accettare una sfida che molti avrebbero rifiutato. Ritengo però che il problema sia molto più profondo del semplice cambio di guida tecnica.
In maniera diretta le chiedo: cosa serve alla Reggina per tornare nel calcio che conta?
Serve chiarezza, serve umiltà.
Serve che tutti, dai dirigenti ai calciatori, sappiano fare un passo indietro quando necessario. Indossare la maglia amaranto deve tornare a essere un vanto, non una passerella del fine settimana.
'Vivere e lavorare in una città che non è poi così grande ti espone spesso a giudizi e critiche gratuite'
Lei è la responsabile della comunicazione dell’ASD Bocale Calcio ADMO, una società molto impegnata nel sociale.
Sì, è ormai il terzo anno che seguo la comunicazione della seconda squadra di Reggio Calabria. È una grande responsabilità, ma quando fai ciò che ami tutto viene naturale. Ho la fortuna di avere un bellissimo rapporto con la famiglia Cogliandro, che ha scelto di affidarmi questo ruolo insieme a un team straordinario.
Stimo profondamente chi sa affidarsi ai professionisti e lascia loro libertà di lavorare: ognuno deve mantenere il proprio ruolo, ed è giusto così.
Lei ha offerto la sua testimonianza nel libro di Valentina Cristiani, “Non chiamateci quote rosa”, dicendo: “Perché devo privarmi di essere me stessa? Di essere donna?”. Come si superano, secondo lei, i pregiudizi?
Con l’esperienza, sicuramente. Vivere e lavorare in una città che non è poi così grande ti espone spesso a giudizi e critiche gratuite. Quando qualcuno prova a fare qualcosa di propositivo o semplicemente a distinguersi, c’è sempre chi cerca di buttarlo giù. Io lavoro nel calcio da oltre dieci anni e ormai sorrido davanti a certe dinamiche: io lavoro e guadagno, chi critica ha solo tempo da perdere.
L’importante è mantenere sempre la propria dignità e non scendere a compromessi, perché i compromessi non ti portano lontano: lo fanno le competenze e l’esperienza.
Rieto: 'Oggi, con i social, bastano tre secondi per scrivere una notizia e renderla pubblica'
Giorgia Rieto e i social: come è cambiato il modo di fare giornalismo oggi?
Oggi, con i social, bastano tre secondi per scrivere una notizia e renderla pubblica. È una grande opportunità, ma anche una grande responsabilità. Chi fa informazione ha il dovere di verificare sempre le fonti, perché le fake news sono dietro l’angolo e, con l’intelligenza artificiale, è ancora più facile cadere nell’errore. Nonostante tutto, la vecchia penna e i mezzi tradizionali non potranno mai essere sostituiti: restano la base del nostro mestiere.
La differenza la fanno ancora la rete di contatti, le conoscenze e la capacità di mantenere buoni rapporti con tutti.
Qual è il sogno di Giorgia Rieto oggi?
Pochi giorni fa ho perso mio papà, e la mia vita è già stata sconvolta abbastanza. Oggi non sogno cose materiali o traguardi professionali: chiedo soltanto alla vita di non togliermi più niente. Spesso diamo tutto per scontato, ma ciò che abbiamo è raro e prezioso. Ed è questo, più di tutto, ciò che voglio proteggere.