Il segretario è stato contestato aspramente dai bolognesi antirazzisti. Alcuni giovani dei centri sociali hanno assaltato con calci e pugni la sua auto. Il leader della Lega Matteo Salvini era arrivato in città per una visita in un campo nomadi di Bologna. Alle radici del fatto c'era la sortita della consigliera bolognese Lucia Borgonzoni che qualche giorno prima si era recata per una escursione elettorale al campo Sinti in via Erbosa richiedendone la chiusura. La consigliera, palesando razzismo e telecamera, era stata sostanzialmente cacciata dagli abitanti insultati.

La Lega Nord, con la visita programmata ma sabotata dalla reazione riportata dai mass media, avrebbe voluto mostrare che l'episodio della consigliera allontanata fosse recuperabile con la visita di un suo esponente di spicco, per l'appunto Salvini. Tuttavia l'antirazzismo bolognese ha scombinato il tema e non si è fidato delle istituzioni sempre più abituate ad acconsentire che manifestazioni di matrice xenofobe e omofobe trovino spazio espressivo. Quindi ha reagito in prima persona, senza delegare nulla e mostrando apertamente il suo dissenso.

L'evento ha avuto, come c'era da aspettarsi, reazioni importanti. Tanto più che il nec plus ultra fisico era stato intimato all'indirizzo di un movimento politico avvezzo ad attaccare più che il contrario.

La presa di posizione di Roberto Calderoli, leghista storico, è stata pesante e, per certi versi, paradossale. Ha lanciato strali verso "i balordi dei centri sociali bolognesi"; li ha incolpati di esercitare la violenza, di non rispettare le regole della democrazia e del codice penale. Ancora, li ha definiti gentaglia, parassiti e appartenenti alle fila di chi nella propria vita non ha mai lavorato per dedicarsi all'esercizio del fascismo tollerato dalla sinistra.

Ha chiuso il suo giudizio segnalando che, se in futuro le Forze dell'Ordine non interverranno con più decisione, la Lega non porgerà l'altra guancia, ma ricorrerà alla legge del taglione: occhio per occhio dente per dente.

Anche il governatore leghista del Veneto, Luca Zaia, ha voluto dire la sua. Ha tuonato contro l'impossibilità di un'Italia democratica.

Nei riguardi di Salvini ha avuto parole, non poteva essere altrimenti, di elogio. Secondo il suo punto di vista il leader politico Salvini era andato a verificare una situazione per farsi un'opinione diretta; invece si è trovato alle prese con un'intimidazione verbale e pragmatica inattesa. Poi Zaia ha provato a ridimensionare l'evento qualificando il gruppo che ha avversato Salvini come dei facinorosi esaltati e violenti, i quali, comunque, non possono essere rappresentanti di un'Emilia Romagna costituita da ben altra temperie.

Tra le voci intervenute e non legate strettamente al leader lombardo c'è Fabrizio Cicchitto (Ncd). Il suo commento è stato di pieno rifiuto verso l'azione aggressiva ma nello stesso tempo ha dichiarato che il protagonismo di Salvini mirato ad obiettivi elettorali e demagogici rischia di diventare benzina sul fuoco.

Anche Stefano Bonaccini, Pd, pur condannando l'evento ha avuto parole altrettanto robuste verso l'atteggiamento che da qualche tempo il leader leghista presenta nelle sue escursioni verbali; ha quindi fatto notare come il segretario leghista sia alla ricerca quotidiana di provocazioni e sensazionalismi.