Radicali, attivisti LGBT, Emergency: ieri pomeriggio erano molte le sigle presenti al Castello Sforzesco, nel pieno di Milano, per chiedere il diritto ad amare e il diritto a morire. In molti hanno preso la parola per illustrare il proprio punto di vista su omosessualità, eutanasia, fecondazione assistita e aborto e per chiedere al governo il riconoscimento dei propri diritti. La manifestazione "Le nostre vite, la nostra libertà" ieri è riuscita ad attrarre a Milano persone da tutta Italia.
Gli interventi
Le voci di persone come Mina Welbye Beppino Englaro sono risuonate nel centro della città, invitando il governo rispettare i diritti di tutti.
La Welby, che ha partecipato tramite video, ha parlato di una festa globale, partita a Milano ma diretta ad abbracciare tutto il mondo nel rispetto della dignità degli uomini tutti. "Abbiamo il dovere di rispettare tutti - ha detto la Welby - accudendo e sostenendo chi ne ha bisogno". Il marito, Piergiorgio Welby, è morto il 20 dicembre 2006 dopo una lunga e dura lotta contro la distrofia muscolare che lo aveva costretto su di un letto, attaccato a un respiratore.
Forte anche l'intervento di Beppino Englaro che, a quasi sette anni dalla morte della figlia, continua a combattere la sua lotta contro l'accanimento terapeutico, che prolungò la vita di Eluana in modalità "estranee al modo di concepire l'esistenza della nostra ragazza".
Ma il fine vita non è stata l'unica tematica toccata durante la manifestazione: si è parlato di matrimonio egualitario, del rispetto dei diritti inviolabili e, soprattutto, non si è persa l'occasione per parlare del diritto di libera circolazione nella città che poco tempo fa è riuscita a mobilitare decine di migliaia di persone in sostegno dei diritti dei migranti.
Il sentimento della folla
Le persone accorse al Castello Sforzesco per la manifestazione sono state mosse dalle motivazioni più disparate e allo stesso tempo sono unite nella difesa dei diritti di tutti. "In Italia manca la laicità. Alcuni non conoscono nemmeno il significato di questa parola" commenta Stefano, studente di 24 anni.
Lui, forte sostenitore del suicidio assistito, è sceso in piazza perché non vorrebbe "andarsene in pace". "Mi sto interessando all'associazione Exit. Insomma, vorrei capirne di più. Ho visto una persona vicina a me soffrire molto. Oltre a morire dentro perché ero perfettamente consapevole di non poter fare niente, mi sono ripromesso di fare qualcosa per impedire che cose del genere continuino a succedere".
"La nostra libertà di essere, di amare, di decidere è spesso negata e delegata ad altri" ripetono gli organizzatori. La richiesta è unica: vedere le proprie scelte rispettate, indipendentemente dal fatto che si stia parlando di orientamento sessuale, aborto o fine vita. "Non riesco a sopportare che gli altri mi impongano la loro visione indottrinata.
Amo una persona del mio stesso sesso e allora? Con la mia vita non nego i diritti di nessuno mentre loro sì, provano a negare i miei diritti impedendomi di sposarmi, di avere un bambino e in certi casi di camminare per strada - spiega Maria -. L'Italia di oggi è un paese difficile e noi non possiamo tirarci indietro".