L'esimente disciplinata dal codice penale in virtù della quale non costituiscono reato le offese che si rinvengono negli atti scritti o durante la discussione innanzi alle autorità giudiziarie e amministrative, non gode di estensione applicativa in fattispecie simili. Infatti, tale scusante non trova ragion d'essere per le accuse di natura calunniose che si evincono dagli atti scritti. L'articolo 598 del codice penale che per l'appunto disciplina le offese dirette all'avvocato di controparteovvero alla persona da costui rappresentata e difesa, non può avere un campo di applicazione più ampio di quello proprio delle parole contenute all'interno della disposizione.

Si afferma, pertanto, che è legittimo ricorrere alla invocazione della suddetta esimente solo in presenza di semplici offese. Offese ed espressioni calunniose sono ontologicamente distinte e per tale motivo non possono essere disciplinate e né tantomeno sanzionate al medesimo modo, nel caso in cui si volesse ammettere una sanzione anche per la prima ipotesi. L'assunto è stato chiarito dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 23601 del 07.06. 2016. Il principio di diritto, ermeneutico e interpretativo, che se ne ricava risulta alquanto chiaro.

Il caso

La sentenza trae origine dal fatto di un difensore che nel depositare una memoria difensiva non aveva rispettato in codesto scritto i limiti dell'eticamente consentiti da qualsivoglia difesa.

Nel gioco dialettico con il collega di controparte, è andato oltre, intaccando la reputazione di quest'ultimo. L'avvocato-imputato aveva accusato il collega di aver posto in essere talune attività di natura illecita, e in particolar modo di essersi macchiato di atti di imbroglio e di falsità. L'imputato si è visto condannare la sua condotta sia in primo che in secondo grado; per tale ragione, ha proposto ricorso in Cassazione, eccependo la non avvenuta applicazione della immunità giudiziaria sopra descritta.

Ma, i giudici di legittimità si sono mostrati di orientamento contrario, senza fornire una soluzione univoca sulla natura della esimente non applicata, da alcuni autori qualificata come una causa di giustificazione e da altri come causa di esclusione dell'antigiuridicità. Si tratta, quindi, di una delle varie ipotesi diresponsabilità del libero professionista.