Cominciano a farsi sempre più corpose ed interessanti le anticipazioni giornalistiche sull’inchiesta Consip. Dopo le rivelazioni fatte ieri da L’Espresso in cui è saltato fuori anche il nome di Denis Verdini, oggi è il Fatto Quotidiano a pubblicare parti degli interrogatori, sostenuti il 20 dicembre 2016 dall’ad Consip, Luigi Marroni (non indagato), e il giorno successivo, 21 dicembre, dal presidente di Publiacqua Firenze, Filippo Vannoni, entrambi considerati fedelissimi renziani. Il primo, di fronte ai pm napoletani, spiffera sia le pressioni ricattatorie fatte dal faccendiere Carlo Russo, per conto di Tiziano Renzi e Verdini, sia l’identità degli ‘uccellini’ che lo hanno informato delle indagini incorso, ovvero Luca Lotti, lo stesso Vannoni, il capo dei carabinieri in Toscana, Emanuele Saltalamacchia, e il comandante generale dei cc, Tullio Del Sette, indicatogli dal presidente Consip, Luigi Ferrara.
Il secondo, invece, conferma la fuga di notizie partita da Lotti e ammette che anche l’allora premier, Matteo Renzi, lo avvertì di “stare attento” alla vicenda Consip. La cosa strana è che, sia Marroni che Vannoni, non sono né stati rimossi dai loro incarichi, né denunciati per calunnia da quelli del Giglio Nero. Perché?
Marroni accusa Verdini e Renzi senior
“Mi trovavo di fronte ad un vero e proprio ricatto - rivela Marroni ai magistrati facendo riferimento alle indebite pressioni di Russo, Verdini e babbo Renzi per l’aggiudicazione degli appalti Consip - che era ancor più spregevole perché non mi dava scelta, se non rinunciare al mio posto di lavoro”. Marroni, nominato ad Consip nel giugno 2015, ricostruisce i suoi incontri con quelli del Giglio Nero.
La conoscenza con Tiziano risale ai tempi in cui il figlio Matteo era sindaco di Firenze. I due si incontrano nel settembre 2015 perché Renzi senior gli chiede di “dare una mano” all’amico di famiglia Russo, interessato ad alcune gare di appalto.
Nel successivo incontro con Russo, quest’ultimo informa Marroni dell’interesse di Verdini per gli appalti FM4.
In caso di mancata facilitazione degli ‘amici degli amici’, confessa Marroni, “avrei rischiato il posto”. L’ad Consip si descrive come un cavaliere senza macchia che, conscio di aver rimediato quella poltrona per merito del Giglio una volta Magico, decide di fingere di stare al gioco, “ma nella realtà nulla feci”. Marroni si descrive “frustrato e prostrato”, ma aggiunge di non “aver dato seguito alla richiesta”, anche se “Verdini e gli amici ci tenevano molto a questa gara” e “davano per scontato che io garantissi loro tale aggiudicazione”.
Lotti e Renzi gole profonde?
Alle accuse di Marroni, che tira in mezzo anche Luca Lotti (“mi informò” dell’indagine, ma “ho saputo delle intercettazioni ambientali non ricordo se da Lotti o da un suo stretto collaboratore”), si aggiungono quelle di Vannoni, l’unico a fare anche il nome di Matteo Renzi. “Fu Luca Lotti che c’era una indagine su Consip, dicendomi di stare attento”, conferma il presidente di Publiacqua prima di sparare la bomba: “Ricordo che il presidente Renzi mi diceva solo di stare attento a Consip”.