Trent’anni di carcere. Una condanna che praticamente equivale ad un ergastolo. Anche perché Nicola Amadu, oggi 68 enne, finirà eventualmente di scontarla all’età di quasi cento anni. L’uomo poco più di un anno fa (il 9 novembre 2016) aveva massacrato la moglie di botte e poi le aveva dato fuoco. Senza pietà e senza nessuno scrupolo. E solo perché lei aveva “osato” chiedere il divorzio per mettere fine ad una vita d’inferno. Non era la prima volta infatti che Anna Doppi, la povera donna uccisa dal marito, madre di quattro figli, veniva picchiata dal marito – ricordano gli inquirenti nell’aula del Tribunale – ed è per questo che ieri mattina i quattro figli della povera donna (tre femmine ed un maschio) erano presenti nell’aula del Palazzo di Giustizia di Sassari dove il giudice ha condannato Nicola Amadu, ex panettiere di 68 anni, a trent’anni di carcere.

Gli stessi chiesti dal pubblico ministero Paolo Piras, durante la requisitoria tenuta ieri mattina durante l’udienza, nell’aula del Tribunale sassarese.

Un delitto atroce

Quello che accadde la sera del nove novembre del 2016 è stato ricostruito dagli inquirenti durante il processo che si è svolto nelle aule del Tribunale di Sassari. Nicola Amadu, che per una vita aveva fatto il panettiere, dopo il delitto aveva subito confessato tutto: ”Ho ammazzato mia moglie perché non posso accettare che mi lasci, non accetterò mai che lei vada via da me”, aveva urlato ai Carabinieri che l’avevano arrestato quella sera maledetta. Secondo quanto ricostruito dagli investigatori l’uomo – probabilmente in preda ad un raptus - aveva prima colpito la donna al volto con uno schiaffo.

Poi dopo averla fatta cadere a terra, l’aveva riempita di calci al volto e l’aveva trascinata fino al cortile dell’abitazione, dove era accaduta la tragedia.

Il tragico epilogo

Nel cortile esterno dell’abitazione – infatti - l’aveva cosparsa di liquido infiammabile e le aveva dato fuoco senza nessuna pietà. Parole dette dal pubblico ministero che hanno fatto raggelare l’aula del Tribunale.

L’omicidio – assicurano gli investigatori – è sfociato al culmine di una vita di coppia difficilissima per la povera Anna che subiva quotidianamente le minacce e le umiliazioni di suo marito. Litigi che tra l’altro nascevano sempre per motivi banalissimi e senza senso. Una situazione tragica e assurda - ricostruita dal pubblico ministero - che ha convinto il giudice ad accogliere le richieste dell’accusa: 30 anni di carcere. Con la perdita della patria potestà e la perpetua interdizione dai pubblici uffici.