"Un grosso furgone bianco" o "una Smart": non si tratta di semplici richieste di veicoli presso un autonoleggio, bensì di nomi in codice usati da un'organizzazione malavitosa dedita al traffico di sostanze stupefacenti.
L'intera associazione è stata smantellata dai militari dell'Arma della Compagnia di Colleferro, a sud di Roma. Dodici le persone finite in manette. L'operazione, coordinata dal gruppo Carabinieri Frascati, è stata chiamata "The Angel Face", e si è avvalsa anche della collaborazione del nucleo cinofilo dei carabinieri di Santa Maria di Galeria e di un elicottero della Benemerita di stanza presso la base di Pratica di Mare, a Pomezia.
La droga spacciata fra Artena, Colleferro e Velletri
L'ordinanza di custodia cautelare, emessa dal giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Velletri, riguarda una dozzina di persone, delle quali 2 (un 38enne di Velletri e un 54enne di Artena) sono state ristrette in carcere, mentre alle altre 10 (tra cui un uomo albanese) sono stati concessi gli arresti domiciliari. Numerose le perquisizioni di abitazioni e luoghi frequentati dagli indagati, e soprattutto di altri 8 soggetti che, a diverso titolo, farebbero parte di una gang criminale specializzatasi nello spaccio di droga, in particolare hashish e cocaina.
La base del sodalizio malavitoso era la zona di Artena, comune a sud di Roma, mentre la piazza di spaccio (oltre ad Artena) era costituita dai comuni di Valmontone e Segni.
Le indagini erano partite lo scorso anno, dopo che il 54enne attualmente in carcere era stato trovato con circa 50 gr. di "polvere bianca" nei pressi di Colleferro.
Il boss e il suo fedelissimo a capo della gang
L'uomo fu posto ai domiciliari nella sua casa di Artena ma, nonostante ciò, avrebbe continuato a gestire il traffico illegale supportato - stando a quanto riferito dagli investigatori - da alcuni familiari (tutti residenti ad Artena) e anche da un suo fedelissimo.
Si tratta di un 52enne residente a Valmontone, già noto alla giustizia per traffico di stupefacenti.
Sarebbe stato proprio quest'ultimo a prendere accordi per la droga, a trasportarla, a riscuotere il denaro pattuito e ad usare parole in codice quali "Smart" e "furgoni bianchi" per indicare il quantitativo di hashish e cocaina necessario.
Dalle indagini è anche emerso che il canale di rifornimento era quello di Cisterna di Latina, dove una coppia di pusher del luogo inviava le sostanze stupefacenti ai due principali indagati. Da qui gli inquirenti sono risaliti all'intera rete dello spaccio che ha portato agli altri 10 e più indagati, e alla scoperta del luogo in cui la droga veniva stoccata, ossia un magazzino in aperta campagna.