Una lite condominiale, nata per futili motivi, si era trasformata in un incubo per una famiglia di monza. I loro vicini di casa, una coppia di 49 e 45 anni, li avevano vessati nel tempo con una serie di dispetti e comportamenti sempre più gravi che avevano reso impossibile la vita in quell’edificio. Ora la giustizia si è espressa ed ha condannato in primo grado i due pessimi dirimpettai a tre anni di reclusione – senza le attenuanti generiche e con l’impossibilità, data l’entità della pena, di ottenere la sospensione condizionale – per “atti persecutori”.
La giudice monocratica del Tribunale monzese, Angela Colella, ha riconosciuto come gli inquilini fossero stati sottoposti a veri e propri atti di stalking, che hanno provocato un stato permanente di paura ed ansia.
Una lunga serie di dispetti ed offese
Leggendo le carte del processo si scopre l’elenco incredibile di sopraffazioni che le parti lese hanno subito per mesi, in un crescendo sempre più preoccupante, a partire dagli insulti e le parolacce ogni volta che si incrociavano i due vicini nelle parti comuni dell’edificio, ma anche tanti dispetti, come il chiamare l’ascensore e tenerlo occupato per impedire di usarlo. Non sono stati risparmiati nemmeno i più piccoli: i figli si sentivano rivolgere espressioni come “puttanella” ed “indemoniata da buttare dalle scale”.
Inoltre era diventata ormai un’abitudine che gli imputati parlassero male con gli altri condomini delle loro vittime. Gli atti persecutori col tempo si sono aggravati: i disegni osceni apparsi sulla porta di casa, la colla versata nella serratura, addirittura il cavo del contatore elettrico tranciato per far mancare la luce in casa.
La scelta di fuggire da quella casa
Le vittime, di fronte a questi comportamenti ingiustificabili, hanno preferito non rispondere mai, scegliendo di comportarsi in modo forse troppo arrendevole, fino a quando, esasperati non hanno deciso di trasferirsi altrove. Del resto, l’unica volta che avevano reagito, posizionando una telecamera davanti alla porta di casa per fermare i dispetti, gli aguzzini avevano fatto convocare una riunione di condominio per protestare e chiederne invano la rimozione, perché a loro dire l’apparecchio avrebbe violato la privacy e il decoro all’interno dell’edificio.
Ad ottobre, come detto, la famiglia perseguitata ha cambiato casa, spinta dalla paura e dalla constatazione che la situazione non migliorava. Ora la giudice ha condannato la perfida coppia di vicini ad una pena di tre anni, resa così dura dalla “gravità dei comportamenti e dal fatto che siano proseguiti per un lungo lasso di tempo”. Alle vittime spetterà anche un risarcimento, deciso in sede civile, per compensare i danni morali subiti in tutti questi anni dagli ex coinquilini.