Il mistero della scomparsa di Antonio Deiana è durato sei anni. Non si è saputo più nulla di lui da quando una sera di luglio del 2012 è uscito di casa a Villa Guardia, in provincia di Como, ed è salito a bordo della sua Kawasaki nera. A nulla sono valsi gli appelli della sorella e l’interessamento al caso di “Chi l’ha visto?”. Ora finalmente, grazie ad una soffiata alla polizia, si è scoperto che l’uomo, all’epoca 36enne, era stato ucciso quella sera stessa a pugnalate, al termine di una lite. E che l’autore del delitto, Luca Sanfilippo, aveva nascosto i resti della vittima nella cantina di casa sua, proprio dove si era consumato l’omicidio, una palazzina di Cinisello Balsamo, in via Lanfranco della Pila 12: una buca scavata per una perdita d’acqua ha ospitato per tutti questi anni le spoglie di Deiana.

La telefonata che ha fatto riaprire le indagini

Le indagini sulla scomparsa dell’uomo hanno subito una svolta inattesa dopo una telefonata, giunta al commissariato milanese di Greco Turro nella notte tra il 9 e il 10 giugno. Un piccolo delinquente, con precedenti per estorsione, racconta al commissario che anni prima l’aveva arrestato tutto quello che sa sulla morte di Deiana. Un suo conoscente era stato incaricato dall’assassino di sbarazzarsi dei vestiti della vittima, ma nel bruciarli si era ustionato le mani. Per gli inquirenti è facile verificare negli archivi dell’ospedale Bassini di Cinisello che la persona indicata dal confidente si era effettivamente fatta curare le ferite alle mani 10 giorni dopo l’omicidio: a quel punto è bastato mettere delle microspie nell’abitazione in cui Sanfilippo vive tuttora con la madre ed il fratello per ottenere ulteriori elementi importanti per risolvere il caso.

Una serie di delitti legati alle cosche di ‘ndrangheta

Quando la Squadra mobile di Como si presenta in casa di Luca Sanfilippo per contestargli le accuse di omicidio ed occultamento di cadavere, l’uomo confessa subito il delitto. Spiega che quella sera Deiana, che aveva precedenti legati alla droga, doveva incontrare un’altra persona nella cantina, per questioni legate al traffico di stupefacenti.

Ma mentre aspettavano sarebbe scoppiata una lite, finita con l’accoltellamento della vittima, che in quel momento era sotto l’effetto della cocaina. Il cadavere sarebbe stato spogliato e riposto nella buca, coperta prima con della calce e successivamente con uno strato di cemento. Ma in questa versione alcuni punti non quadrano: appare difficile, data la stazza di Deiana, che l’omicida abbia potuto fare tutto da solo, così come appare poco probabile il movente della lite.

Questa morte potrebbe invece nascondere l’ennesimo caso di una faida – legata allo spaccio di droga – che vede come protagonista la ‘ndrangheta in Lombardia. Inoltre appare inquietante come la sorte da Antonio sia stata identica a quella del fratello Salvatore, scomparso nel nulla l’8 marzo 2009: i suoi resti sono stati ritrovati in un bosco ad Oltrona di San Mamette nel Comasco nel febbraio 2015. Secondo i racconti dei pentiti anche lui è stato ucciso la sera stessa della sparizione nelle cucine di un night di Vertemate con Minoprio. La terza vittima di questa scia di sangue, legata al boss Luciano Nocera, è Ernesto Albanese, ucciso nel giugno del 2014 in modo atroce: pugnalato più volte in una specie di rituale da tutti i presenti nel luogo del delitto, una villetta di Guanzate, fino a morire dissanguato ed essere sepolto nel cortile, dove poche ore dopo i killer hanno festeggiato con una grigliata.