Aveva costruito da solo anche il marchingegno che ha scelto per uccidersi, una specie di rudimentale pistola. Luigi Vecchione, ingegnere meccanico di 43 anni, si è tolto la vita lo scorso 7 novembre sparandosi un unico colpo, mentre si trovava nella seconda casa di famiglia, presso la frazione di Mole Bisleti, ad Alatri, in provincia di Frosinone. Nel suo ultimo breve messaggio ai genitori chiedeva scusa per il gesto e li invitava a portare tutte le carte all'avvocato di famiglia, Angelo Testa. Infine concludeva con un amaro “mi hanno trattato come un mafioso”, in riferimento a quel mondo accademico da cui si sentiva escluso, dopo un episodio accaduto nel 2016: un concorso come tecnico amministrativo di laboratorio presso La Sapienza di Roma che non era riuscito a vincere.

La decisione di partecipare al concorso universitario

Vecchione si era laureato a 36 anni in ingegneria meccanica all'Università La Sapienza, riuscendo a far conciliare gli studi con il lavoro – nel corso del tempo aveva riparato cellulari, aveva fatto il meccanico d'auto, l'operaio e l’installatore di antenne – ed aveva conseguito anche il dottorato all'Università della Tuscia. Inoltre aveva prestato servizio per l’anno di militare come poliziotto della celere, ripercorrendo le orme del padre.

Un giovane ricco di valori, che si era fatto da solo, senza legami col mondo del baronato accademico. Poi, nel 2016, aveva preso la decisione di partecipare a quel concorso pubblico per stabilizzare la propria posizione lavorativa, nonostante si dicesse che i nomi del vincitore e dei successivi tre in graduatoria fossero già decisi, tanto che nove sui 14 candidati si erano ritirati prima di sostenere le prove, a differenza di Luigi.

La denuncia all’Anac dopo il concorso

In quel concorso, vinto dalla persona che tutti si aspettavano, Vecchione è arrivato quarto, a pari merito con un altro candidato, che gli venne preferito per la minore età, e quindi rimase fuori dalla graduatoria. Risultato a suo dire ingiusto, che non aveva mai voluto accettare, tanto da rivolgersi all’Anac di Raffaele Cantone, portando con sé anche degli audio che aveva registrato.

In questi file si sentiva chiaramente un responsabile complimentarsi con lui perché aveva fatto bene, tenendo conto che “non aveva nessuno dietro”, a differenza degli altri. L’autorità aveva trovato degli estremi di reato in questa denuncia, rinviando gli atti alla magistratura. Ma le inchieste sembravano essersi impantanate in un nulla di fatto.

Il mancato rinnovo del progetto di ricerca

La situazione è precipitata lo scorso 31 agosto quando al ricercatore non è stato rinnovato il contratto per un progetto sulle energie rinnovabili che stava portando avanti da due anni, regolarmente finanziato da un’azienda privata, nonostante il lavoro non fosse ancora concluso.

Luigi ha pensato che qualcuno in università lo avesse allontanato per ritorsione, facendogliela pagare, perché venuto a conoscenza della sua denuncia. Da quel momento l’uomo è caduto in uno stato di malessere: era ormai convinto di essere perseguitato. Solo quattro ore prima del suo suicidio era stato accompagnato dall'avvocato Testa in Questura: aveva raccontato la vicenda ai poliziotti per l’ennesima volta, sembrava essersi tranquillizzato. Invece probabilmente già stava meditando di togliersi la vita.