“Vi sto raccontando quello che so perché voglio evitare che vi troviate un esercito di kamikaze in Italia”. Queste parole, pronunciate da un presunto jihadista pentito, hanno spinto la Direzione distrettuale antimafia di Palermo ad accelerare il blitz contro una organizzazione criminale che si occupava di far arrivare sulle nostre coste centinaia di immigrati clandestini provenienti dalla Tunisia. Al momento risultano 15 le persone arrestate a vario titolo tra Palermo, Trapani, Caltanissetta e la lombarda Brescia. Le accuse vanno dall’istigazione a commettere atti terrorismo di matrice islamica al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, passando per il contrabbando di tabacchi e dall’esercizio abusivo di attività di intermediazione finanziaria.
Il pentito jihadista svela il rischio terrorismo in Italia legato all’immigrazione clandestina
Dunque, l’inchiesta di Palermo - condotta dal Ros dei carabinieri, coordinati dal procuratore aggiunto Marzia Sabella e dai sostituti procuratori Claudia Ferrari e Gery Ferrara - intende verificare se tra gli immigrati clandestini, vittime o protagonisti della tratta in corso tra Tunisia e Italia, ci possano essere anche aspiranti terroristi jihadisti. A mettere gli inquirenti su questa pista sarebbe stata una ‘gola profonda’ appartenente all’organizzazione. L’uomo, del quale ovviamente non si conoscono le generalità, era detenuto nel carcere di Genova quando ha deciso di raccontare che l’organizzazione criminale con cui era entrato in contatto, oltre ad occuparsi del traffico di immigrati clandestini, avrebbe aiutato diverse persone, ricercate in Tunisia per reati legati al terrorismo, ad espatriare in Italia per mezzo dei veloci motoscafi messi loro a disposizione.
I sospetti della Dda sul cassiere dell’organizzazione
Rivelazioni che hanno prima fatto scattare le indagini e, ora, il blitz delle autorità italiane. Secondo quanto scritto nero su bianco dagli stessi magistrati della Dda di Palermo, l’organizzazione criminale appena smantellata avrebbe rappresentato “una attuale e concreta minaccia alla sicurezza nazionale”.
Ma non è tutto perché, a detta degli inquirenti, il “rischio terrorismo di matrice jihadista” sarebbe concreto in Italia. A preoccupare è il fatto che questi trafficanti di immigrati clandestini, grazie al servizio di ‘taxi veloce’ praticato nel Mediterraneo, sarebbero riusciti a traghettare nel nostro Paese anche “soggetti ricercati dalle forze di sicurezza tunisine” perché “sospettati di connessioni con formazioni terroristiche di matrice confessionale”.
Tra gli indagati, uno desta i maggiori sospetti. Sarebbe il ‘cassiere’ dell’organizzazione, considerato molto vicino “ad ambienti terroristici a sfondo jihadista pro Isiss”. A dimostrarlo sarebbe l’incessante propaganda fatta dall’uomo sul suo profilo Facebook, dove sono stati trovati foto e video, anche cruenti, inneggianti al Jihad. E non è un caso, infine, che il ‘cassiere’ fosse iscritto al gruppo Fb ‘Quelli ai quali manca il paradiso”, marchio di fabbrica del terrorismo islamico.