Ieri il gip di Roma, Chiara Gallo, ha convalidato il fermo di Elder Finnegan Lee e Christian Gabriel Natale Hjorth, i due cittadini statunitensi di 19 e 18 anni responsabili dell'omicidio del vicebrigadiere Mario Cerciello Rega, di 35 anni. Per i due, che davanti al gip hanno fatto scena muta, resta la misura della custodia cautelare in carcere, a Regina Coeli dove si trovano da venerdì perché volevano fuggire: nella stanza del prestigioso albergo da 200 euro a notte, Le Meridien Visconti nel quartiere Prati dove sono stati fermati, avevano già le valigie pronte.

Il decreto di fermo, le confessioni degli indagati, l'ascolto dei testimoni, non lasciano dubbi sulla responsabilità dei due indagati per concorso in omicidio e tentata estorsione per indizi gravi e concordanti, e cominciano in parte a chiarire, ma non a risolvere, dubbi e incongruenze in un caso assai intricato. Ben oltre la sommaria ricostruzione dei fatti, restano punti oscuri da illuminare: un pusher che 'tira il pacco' ai due turisti in cerca di droga i quali lo scippano e lui che chiama i carabinieri. Elementi di un racconto assurdo sfociato nella tragedia avvenuta nella notte tra giovedì e venerdi: il carabiniere ucciso sul marciapiede di via Pietro Rega con otto coltelate proprio a breve distanza dall'hotel di lusso dove i due alloggiavano.

Omicidio di Cerciello Rega, ricostruzione aggiornata

Elder Finnegan Lee e Christian Gabriel Natale Hjorth, amici 'fraterni', frequentano la 'Tamalpais High School', esclusivo liceo di San Francisco, California, città dove sono nati e vivono. Il primo ad arrivare in Italia è Christian Gabriel Natale Hjorth, origini italiane, il solo dei due che parli italiano, da una settimana a Roma con il padre e il nonno in visita ai parenti di Fiumicino.

Lo raggiunge Lee, un ragazzo di famiglia facoltosa: può permettersi il soggiorno in un albergo a quattro stelle ed ospitare anche l'amico nella stanza 109 in cui alloggia, affrontando una spesa che a persona, per una sola settimana, equivale a uno stipendio mensile di un nostro rappresentante delle forze dell'ordine.

La sera di giovedì, dall'elegante quartiere Prati si spostano a Trastevere, cuore della movida romana, ma il loro intento principale è cercare droga.

Elder che soffre di attacchi d'ansia, ha assunto un noto psicofarmaco, lo Xanax, e quella sera i due bevono e forse hanno già assunto droga prima d'uscire. Ed è a piazza Mastai che entra in scena il perno della vicenda, Sergio Brugiatelli, 47 anni, figura ambigua: un po' mediatore tra clienti e pusher, un po' informatore, e per questo forse 'protetto' dalle forze dell'ordine. E' lui che, per 80 euro, passa ai due americani al posto di un grammo di cocaina, aspirina tritata. Quando se ne accorgono, gli americani per vendetta gli scippano lo zaino che, a differenza di quanto immaginato in un primo momento, non avrebbe contenuto droga, ma solo documenti e telefono. Fatto sta che per Brugiatelli è fondamentale recuperarlo.

Compone il suo numero, tratta con Gabriel ed Elder che gli propongono lo scambio: la restituzione dello zaino in cambio di 100 euro e di un vero grammo di cocaina. Poi contatta i carabinieri.

Dubbi risolti e altri da risolvere

Perché uno spacciatore dovrebbe uscire allo scoperto e denunciare il furto del suo zaino? Cosa temeva di perdere? La sua posizione è al vaglio degli inquirenti, ma la voce circolante ieri che fosse agli arresti domiciliari è infondata. Dal decreto di fermo, non risulterebbe una chiamata al 112. Si sarebbe rivolto di persona al vicebrigadiere Cerciello e al suo collega Varriale, in servizio presso la stazione Farnese, anziché ai militari della stazione competente di San Pietro.

Perché l'ha fatto? Forse li conosceva? Chi ha organizzato l'appuntamento trappola in zona Prati con i due ragazzi americani?

Cerciello e Varriale sono andati all'appuntamento in borghese, ma secondo gli inquirenti si sono correttamente qualificati al momento dell'incontro con i due. Erano armati e se sì perché non hanno estratto le pistole? Secondo fonti investigative sentite dall'Agi, non ne avrebbero avuto il tempo: immediatamente è scattata la colluttazione. Il vicebrigadiere è stato colpito otto volte da Lee, mentre il collega tentava di difendersi dall’aggressione dell'altro e quando ha visto Rega a terra in una pozza di sangue ha cercato di salvarlo. Lee ha materialmente sferrato le coltellate, ma il pm Maria Sabina Calabretta e e il procuratore aggiunto Nunzia D'Elia equiparano la sua posizione e quella dell'amico: Hjorth non può non aver visto il coltello di grandi dimensioni, ha impedito a Varriale di aiutare il collega, ha partecipato al piano di fuga verso l'albergo.

Elder, a cui nel decreto di fermo viene contestata la "reazione spropositata", ha tentato di discolparsi dicendo di non conoscere l'italiano, di aver scambiato il carabiniere in borghese accoltellato per un amico del pusher e di aver avuto paura. Resta da capire anche dove sia stato preso il coltello, trovato poi dietro un pannello nella camera d'albergo. I due turisti viaggiavano armati? Resta da chiarire se nelle vicinanze ci fossero o meno altre pattuglie pronte a intervenire in appoggio dei colleghi. I superiori dei due militari erano a conoscenza dell'operazione? Inizialmente si era detto che gli omicidi fossero nordafricani: Brugiatelli ha ammesso di aver detto lui agli inquirenti che i due fossero magrebini per depistare le indagini: aveva paura dei due americani avendone scorta la pericolosità.