Muore a diciotto mesi, con segni di maltrattamenti e violenza sul corpo. Una storia ricostruita dopo l'autopsia che ha sconfessato la tesi con cui il compagno della madre avrebbe provato a spiegare ciò che aveva portato alla morte della bambina. La storia arriva da Cabiate, un comune in provincia di Como. Un'inchiesta nata su quello che sembrava dovesse essere un tragico incidente domestico e che, invece, sarebbe frutto della responsabilità del venticinquenne finito in manette.

La piccola era stata data in custodia al compagno della madre

In particolare la nonna lo scorso 11 gennaio avrebbe trovato la piccola priva di sensi e con segni di vomito.

In casa, era l'uomo che stava accudendo la bimba. Aveva chiamato la compagna con cui viveva da qualche mese, per dirle che la piccola stava male. La nonna, avvertita dalla figlia, giunta sul posto si è occupata di chiamare subito i soccorsi, risultati vani nonostante il trasporto in elisoccorso presso l'ospedale di Bergamo.

Rispetto all'accaduto, l'uomo aveva raccontato che stufetta era caduta in testa alla vittima, episodio che nella ricostruzione sarebbe avvenuto alle sue spalle.

Una circostanza, che stando alla versione dei fatti fornita, non si sarebbe rivelata da subito allarmante, sulla base del fatto che dopo l'accaduto la bambina avrebbe pianto solo per due minuti, per poi riprendere tranquillamente le proprie attività ludiche.

L'autopsia ha messo in luce segni di violenza

Le indagini paiono, però, aver portato a galla un verità diversa da quella raccontata dall'uomo. L'esame autoptico, infatti, ha messo in luce che la bimba sarebbe stata oggetto di maltrattamenti e violenze.

Gli accertamenti sul corpo della vittima hanno permesso di rilevare prove del fatto che la piccola sarebbe stata "ripetutamente picchiata" con riferimento anche a periodi precedenti a quell'11 gennaio in cui è maturata la tragedia.

In particolare il quadro emerso avrebbe portato a formulare l'ipotesi secondo cui la vittima non avrebbe subito maltrattamenti solo nel giorno della morte "ma- come si legge ne Il Giorno, anche in precedenti circostanze, nonché violentata in una epoca prossima a quel tragico pomeriggio".

Inoltre il trauma cranico rilevato non sarebbe stato ritenuto compatibile con la possibilità che la vittima, dopo averlo subito, possa avere in qualche modo ripreso i sensi fino a ricominciare a giocare. L'assenza di margine affinché si potesse addebitare a motivi accidentali le lesioni subite dalla bimba, ha aperto le porte del carcere all'accusato.