Nuova udienza del maxiprocesso Rinascita-Scott aperta con le rimostranze di un legale che minaccia di chiedere lo stato di agitazione. Le lamentele degli avvocati espresse oggi nell’aula bunker di Lamezia Terme, innanzi al collegio giudicante presieduto da Brigida Cavasino con a latere i giudici Gilda Romano e Claudia Caputo, riguardano l’orario del termine delle attività dibattimentali che nei giorni scorsi si sono chiuse oltre le 20:30. Il giudice Cavasino ha ribadito che è interesse di tutti concludere le udienze entro le 18:30. Dei 329 imputati finiti alla sbarra a seguito dell’inchiesta coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia diretta dal procuratore Nicola Gratteri, solo tre erano oggi presenti in aula.

'Ndrangheta: Di Giacomo, il siciliano amico dei calabresi

Il collaboratore di giustizia Giuseppe Maria Di Giacomo, ex reggente del clan dei Laudani di Catania, ha riassunto nel controesame di giovedì 18 febbraio, alcuni dei rapporti tra mafia e ‘ndrangheta riferendo quali siano i calabresi più noti in ambito criminale. “Dal 1997 al 2009, - ha ricordato Di Giacomo - sono stato ristretto al 41bis finché non ho iniziato a collaborare con la giustizia. Il mio gruppo detto “I mussi i ficurinia”, durante un incontro a Milano, dopo la guerra tra clan catanesi, si è pacificato con il gruppo rivale. I Santapaola erano con noi in rapporto paritario e rappresentavano alcune zone dell’hinterland catanese.

Alcuni nostri esperti killer erano stati messi a disposizione dei calabresi e viceversa, non so di più".

"Tra le carceri di Cuneo e Tolmezzo - ha raccontato Di Giacomo - ho conosciuto diversi calabresi: c’erano Giuseppe e Luigi Mancuso, i fratelli Torcasio. Pino Piromalli che rappresentava la cosca egemone di Gioia Tauro, Giuseppe Morabito detto 'Tiradritto' a capo del locale di Africo, Nino Pesce elemento di vertice di Rosarno e Bellocco che se non ricordo male era anche lui di Rosarno.

Franco Coco Trovato so invece che è ai vertici delle ‘ndrine a livello internazionale, originario della provincia di Catanzaro, si è trasferito a Lecco ed orbitava nel milanese. Il suo genero è Giuseppe De Stefano del gruppo di Archi di Reggio Calabria gruppo contrapposto ai Condello. La guerra tra De Stefano e Condello si consumò a metà degli anni Ottanta, poi vi fu una pax ed alcuni interventi dei siciliani”.

Il collaboratore Giuseppe Costa: 'Mi hanno ammazzato quattro fratelli'

Il collaboratore di giustizia Giuseppe Costa ascoltato dai giudici ha tentato di ricostruire l’ordine delle gerarchie ‘ndranghetiste. “Collaboro dal 2012 – ha affermato Costa – ed ho fatto parte dell’onorata società di Siderno dal 1973 fino al 1987 quando hanno ucciso mio fratello Luciano che studiava teologia all’Università a Messina. Mi hanno ammazzato quattro fratelli tra cui uno 13enne ed uno disabile. Da detenuto mi sono poi dedicato allo studio e alla preghiera. Sono stato in carcere ininterrottamente dal 1990, a Secondigliano ho ricevuto le doti di santista e trequartino. So per certo che nel 2007 esistevano sette locali del crimine in Calabria: San Luca, Platì, Gioiosa Jonica, Africo, Cirò, Rosarno e Sinopoli”.

'Ndrangheta, il collaboratore Angelo Cortese: 'San Luca è la mamma'

Il collaboratore di giustizia Angelo Salvatore Cortese di Cutro dal sito riservato ha risposto alle domande del pm Annamaria Frustaci. “Collaboro con 15 Dda diverse, conosco le dinamiche ‘ndranghetiste, - ha dichiarato Cortese - ho ricevuto la dote di “crimine” nel 1999 da Antonio Pelle detto Gambazza di San Luca, portavo in copiata Nicolino Grande Aracri al quale lo stesso Pelle conferì la dote di 'crimine internazionale'. Antonio Pelle è il capo supremo su San Luca, che è la mamma della ‘ndrangheta, un punto d’appoggio, un padre per tutti. Posso raccontarvi che noi di Cutro a volte lavoravamo insieme ai sodali di altri cosche.

Ricordo che per la rapina ad un portavalori, che da Catanzaro doveva portare a Crotone nel deposito di una società di vigilanza tre miliardi di lire in banconote, vennero ad aiutarci i Serraino da Reggio Calabria e i Bonavota da Sant’Onofrio. Il colpo era stato orchestrato da Nicolino Grande Aracri che aveva ottenuto le informazioni da una guardia giurata di Cutro".