Si tratta dell'inchiesta fondamentale per la lotta alla criminalità organizzata al nord. Un'inchiesta dalla direzione distrettuale antimafia all’epoca guidata dal procuratore Ilda Boccassini che da Milano ha aperto una voragine che arriva fino a Cosenza e rappresenta il primo caso di scambio elettorale politico-mafioso documentato in Lombardia. Protagonista Don Eugenio, all’anagrafe Eugenio Costantino, condannato a 15 anni e 5 mesi di reclusione in attesa della sentenza della Corte Suprema di Cassazione rinviata, causa Covid, al 9 marzo 2021. Sono numerose le accuse rivolte a Don Eugenio - ritenuto, come spieghiamo in questa inchiesta di Blasting Investigations, referente dei clan calabresi: tra queste c'è quella di istigazione alla corruzione dell’ex presidente del cda di Metro Engineering, azienda di MM Spa (controllata al 100% del Comune di Milano) che ha vinto il bando per progettare e dirigere i lavori della metrotranvia Cosenza-Rende.

Un appalto da 160 milioni di euro che rischiava di finire nelle mani della 'ndrangheta.

Don Eugenio e Rosbert, l’alieno che proviene da un’altra galassia

Don Eugenio, ha un’ottima dialettica, abiti eleganti e la propensione a stringere rapporti con ’ndranghetisti. Racconta agli amici, come testimoniano le intercettazioni ambientali, di aver già da ragazzino svolto ‘commissioni’ per il boss cosentino Franco Perna. Durante il processo però dice di aver inventato tutto.

Di aver recitato un film in cui si fingeva all’occasione avvocato, commercialista, ingegnere, architetto o sodale di qualche clan. Ad ispirare le sue azioni, nel dibattimento, afferma sia Rosbert: un amico immaginario che proviene da un’altra galassia e che da quando aveva soli otto anni vive al suo fianco e gli suggerisce cosa fare inducendolo a delinquere.

È a lui che si ispira per creare la sua falsa identità, in cui credeva profondamente, quella di Roberto Santoro. La diagnosi formulata a seguito del tentato suicidio nella casa di reclusione Opera di Milano, ha indotto il Tribunale del Riesame a sostituire nel 2014 la detenzione in carcere con gli arresti domiciliari presso la comunità terapeutica Il Gabbiano di Colico, in provincia di Lecco, a pochi chilometri dal confine con la Svizzera.

Vizio parziale di mente invocato a causa di un “depressione maggiore in un soggetto affetto da disturbo di personalità Nas schizotipico narcisistico istrionico su cui si è innestato un disturbo claustrofobico”.

Don Eugenio, il truffatore seriale amico delle 'ndrine

Truffatore seriale cosentino 59enne, proprietario di diversi Compro Oro, Eugenio Costantino per anni ha lavorato tra l’Italia e la Germania come imprenditore, medium cartomante e accompagnatore di donne facoltose. Si definisce un “venditore di parole”, un millantatore. Fu arrestato il 10 ottobre 2012 nel corso dell’operazione della Dda di Milano coordinata dal pm Giuseppe D’Amico in cui si ritrova indagato a partire dal rapimento di due commercianti di diamanti falsi a San Pietro all’Olmo, piccolo paese della periferia nord ovest di Milano.

Le vittime avevano venduto al prezzo di 3.000 euro pietre sintetiche del valore di 300/400 euro. Costantino, difeso dagli avvocati Paolo Pisani di Cosenza ed Ermanno Gorpia del Foro di Milano, è stato condannato in Appello, per aver rapito i due truffatori. Il sequestro sarebbe avvenuto con l’aiuto di Vincenzo Evolo, nipote della mistica calabrese Natuzza di Paravati, ritenuto il braccio destro del boss Sabatino Di Grillo (dal quale prende il nome l’inchiesta) leader dell’ala scissionista della più sanguinaria cosca calabrese: il clan Mancuso. Nel febbraio 2017 Costantino incassa la pena della Corte d’Assise di Milano (sentenza confermata dalla Corte d’Assise d’Appello nel maggio 2018) per aver favorito “un gruppo criminale capace di ostacolare il libero esercizio del voto falsando il risultato di alcune delle competizioni elettorali regionali, provinciali e comunali che si sono svolte in Lombardia dal 2009 procurando i voti a favore degli esponenti politici vicini all’organizzazione mafiosa in cambio di denaro e di altre utilità”.

I clan ‘amici’ erano nel cartello composto dalle famiglie africote Morabito-Palamara-Bruzzaniti da anni attive a Milano, dai Barbaro-Papalia di Platì attivi nella zona di Corsico e Buccinasco, e dalla cosca Di Grillo-Mancuso di Limbadi presenti nell’area di Cuggiono.

Le influenze della ’ndrangheta nelle elezioni lombarde

Nella campagna elettorale per il rinnovo del Consiglio comunale di Milano del maggio 2011, che vide tra gli aspiranti consiglieri Silvio Berlusconi e Matteo Salvini, c’era Sara Giudice. La 24enne si presentava come l’anti-Minetti con una lista civica: Nuovo Polo per Milano, a sostegno del candidato sindaco di centrodestra Manfredi Palmeri. Suo padre, Vincenzo Giudice di origini campane, in passato aveva ricoperto il ruolo di presidente del Consiglio comunale di Milano (in quota PDL) per poi essere nominato presidente del Consiglio di amministrazione di Metro Engineering, società che nel 2008 entra nell’appalto della metrotranvia Cosenza – Rende – Unical.

In tre occasioni Costantino incontra Vincenzo Giudice che inizialmente indagato venne prosciolto da ogni accusa. Ignora che sia un emissario dei clan in quanto Don Eugenio finge di essere Roberto Santoro, avvocato a capo di una cordata di imprenditori e professionisti. L’obiettivo di Costantino è evidente: barattare soldi in cambio di voti.

Il business dei voti in cambio di denaro e ‘favori’

Costantino aveva conosciuto il business della Politica durante le elezioni regionali lombarde del 2010 imparando i trucchi da Zio Pino, all’anagrafe Giuseppe D’Agostino, residente a contrada Macchialonga di Rende, nell’area urbana di Cosenza. Una tornata elettorale in cui riuscirono, secondo la Dda di Milano, a ‘vendere’ 4.000 voti: 50 euro l’uno, per un totale di 200.000 euro.

Affaire per il quale l’assessore alla Casa della Regione Lombardia nella Giunta Formigoni, Domenico Zambetti, è stato condannato a 7 anni e mezzo di pena dalla Corte d’Assise d’Appello di Milano. D’Agostino nel 2011 non può aiutare Don Eugenio nella campagna elettorale milanese perché detenuto. Costantino prova così ad attivare la stessa tecnica: voti in cambio di denaro e favori.

Le mani su Cosenza: le elezioni per il rinnovo del Consiglio comunale di Milano

Don Eugenio chiede a Enzo Giudice, inconsapevole di chi fosse veramente Costantino, 100.000 euro ’trattabili’ per 2.000 voti: 50 euro a preferenza per fare eleggere la figlia alla carica di consigliere del Comune di Milano. Giudice rifiuta, proponendo di segnalare eventuali bandi di gare pubbliche per lavori nell’ambito del progetto della metrotranvia Cosenza-Rende.

“Le persone alle quali gli imputati pensano di rivolgersi, e si rivolgono effettivamente, per procurare i voti di preferenza per Sara Giudice, - si legge nella requisitoria del pm Giuseppe D’Amico - sono tutte o quasi soggetti appartenenti, legati o comunque vicini a famiglie mafiose di spicco della ’ndrangheta lombarda”. Tesi confermata nelle motivazioni della sentenza del Tribunale di Milano in cui è scritto che raccolsero consensi “rivolgendosi ad esponenti del clan Di Grillo – Mancuso, ad esponenti della famiglia mafiosa Morabito – Bruzzaniti – Palamara”. Sono gli stessi ambienti nei quali avevano raccolto voti per l’assessore Zambetti alle regionali del 2010. A ridosso delle elezioni del 15 e 16 maggio 2011 per il rinnovo del Consiglio comunale di Milano, Costantino armato di materiale di propaganda si spinge a chiedere voti anche ad uno dei venditori di diamanti falsi precedente vittima di sequestro di persona.

Sara Giudice non verrà eletta. I ‘loro’ 400 voti avrebbero solo contribuito a “farle fare bella figura” con un totale di 1.056 preferenze.

La metro da 160 milioni di euro bocciata da Bruxelles

Sullo sfondo della vicenda appare la metrotranvia Cosenza-Rende. Un appalto da 160 milioni di euro, lievitati di ulteriori 60 milioni di euro nel corso della progettazione. Aumento dei costi che ha indotto nel maggio 2020 la Commissione europea, che avrebbe dovuto finanziare l’opera, a metterne in discussione l’economicità. Nonostante ciò, il 30 dicembre 2020, il Consiglio regionale della Calabria ha approvato il Documento di Economia e Finanza della Regione Calabria (DEFR) precisando che le spese per realizzare la metro Cosenza-Rende, che come ribadito da Bruxelles il 29 gennaio 2021 non sarà più finanziata con fondi europei, potrebbero essere coperte con risorse nazionali del Fondo per lo Sviluppo e la Coesione 2021/2027 destinate alla mobilità sostenibile.

Nel frattempo l’arteria principale dell’area urbana è stata sventrata creando notevoli disagi alla cittadinanza che in più occasioni ha manifestato in piazza il proprio dissenso contro un’infrastruttura ritenuta inutile e dannosa. A far desistere la politica però non sono bastati due ricorsi al Tar, puntualmente rigettati, una richiesta di consultazione popolare sottoscritta da 3.500 persone e l’inchiesta Passepartout che vede alla sbarra il sindaco di Cosenza Mario Occhiuto, l’ex dirigente regionale del Lavori Pubblici Luigi Zinno e l’ex governatore della Calabria Mario Oliverio con l’accusa di associazione per delinquere e corruzione proprio in merito all’appalto della metropolitana leggera.

Le intercettazioni, Don Eugenio: “A noi deve dare tutto”

Devono cacciare 100mila euro. Su 2mila voti sono 50 euro. Chiedo assai?” afferma Don Eugenio, mentre Simonte risponde “no, anzi ci vogliono 80 euro a voto. Di solito, per lo meno al Sud, costano 80 euro a voto”. Conversazioni captate all’interno della Bmw di Costantino, mentre parla con il coimputato Ciro Simonte. “Ma dato che vogliamo pure del lavoro. 50 euro a voto basta” ribatte Costantino che, dopo aver incontrato l’ex presidente del cda della Metro Engineering, si confida con l’amico. “Purtroppo a loro i voti gli servono, gli interessano, ma non hanno possibilità. Adesso gli ho detto che quei voti non ci sono più. Però, - afferma Costantino - ho 400 o 500 voti di un altro amico mio.

Mi danno le spese e più. Dopo ci patteggio dei lavori. Ha detto che riesce a farci prendere anche dei lavori in Calabria stessa. Adesso devono fare il tratto della metropolitana Rende – Cosenza. Lui lì ci ha le mani sopra, ci riesce a fare prendere, ci fa prendere pure un appalto là, loro proprio gestiscono i lavori. Mi ha detto ‘io soldi non ne ho, mi dovete capire, solo che devo aiutare mia figlia però vi posso garantire che io dei lavori ve li faccio prendere’, sennò lo andiamo a prendere in ufficio e lo crepiamo di palate”. “Io gli ho detto guarda, - prosegue Costantino - problemi non ci sono, perché io dato che sono nato a Cosenza, io ho mio cugino che si chiama S. L. che ha circa 60 operai, poi c’è l’altro mio cugino che si chiama F.

C., anche lui è uno dei costruttori più conosciuti di Cosenza, poi c’è l’altro mio cugino che si chiama G. D., altro costruttore, quindi è normale che io ho come potere fare a partecipare ad un bando perché io so che per poter partecipare ad alcuni bandi di concorso abbastanza alti ci vogliono dei requisiti importanti, non può farlo una piccola impresa. E quindi ho detto magari per me va tutto bene, tutto lavoro, mi prendo la mia percentuale. Guarda che a prendere in questi lavori due o tre milioni di euro non ci vuole niente. A noi deve dare tutto, a noi può dare di tutto: facchinaggio, manutenzione, costruzioni. Noi abbiamo le ditte dove rivolgersi e ci prendiamo la parte nostra. Che poi lui dice che ha la possibilità sul tratto cosentino chiamiamo un’azienda di sotto che li conosco tutti ci mettiamo d’accordo ci danno un tot percento”.

Appalti che, secondo il pm D’Amico, dovevano essere affidati a società e cooperative controllate dalle cosche.

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