Per la serie BlastingTalks, intervistiamo Giuseppe Salghetti, responsabile comunicazione di NOI Techpark, il distretto dell’innovazione dell'Alto Adige con oltre 700 collaboratori e 40 laboratori.

BlastingTalks è una serie di interviste esclusive con business e opinion leader nazionali e internazionali per capire come la pandemia di coronavirus abbia accelerato il processo di digitalizzazione e come le aziende stiano rispondendo a questi cambiamenti epocali. Leggi le altre interviste della serie sul canale BlastingTalks Italia.

Partiamo spiegando ai nostri lettori di cosa vi occupate a NOI Techpark: può fare degli esempi concreti dei settori di cui vi occupate e delle attività che state portando avanti?

NOI Techpark è un luogo che mette insieme la ricerca, con 40 laboratori di eccellenza, con l’impresa (ospitiamo infatti 70 fra aziende e start-up innovative) e Università per innescare innovazione. Ovvero per creare nuovi prodotti o servizi che da una parte generino valore per le aziende e, dall’altra, migliorino la nostra vita di tutti i giorni. Questo nei settori in cui siamo specializzati: green, food, digital, automotive e automation.

Ci può fare un esempio pratico?

Ad esempio, pochi sanno che 1 automobile su 3 nel mondo monta componenti prodotti e sviluppati in Alto Adige. E la produzione di questi componenti è fortemente legata, come tutta la manifattura, all’automazione dei processi di lavoro.

Parliamo di Industria 4.0 e, più nel concreto, di sensori robotica di servizio, nuove forme di interazione uomo-macchina. Sviluppi che, a partire dalla ricerca, permettono a PMI locali, come Intercable, di diventare fornitori di Tesla (i cavi delle Tesla, ad esempio, li producono loro), ma anche alla mobilità pubblica di diventare smart.

Siamo, infatti, i primi in Italia ad aver testato un bus a guida autonoma, cioè senza conducente, in un circuito urbano e ad averlo fatto testare alla popolazione.

Come incubatore vi siete occupati anche di seguire decine di start up, garantendo un tasso di sopravvivenza molto alto (superiore all’80%): cosa c’è alla base di questa formula di successo?

Fortunatamente il nostro incubatore è molto ambito e questo ci permette di essere molto selettivi. Accettiamo solo start-up realmente innovative e operanti nei settori in cui siamo specializzati, che corrispondono all’ecosistema più vasto e favorevole del nostro territorio e dei suoi distretti, tutti proiettati su un livello internazionale. Il nostro modello ci porta a concentrare gli sforzi su start-up di valore che provengono dal mondo della ricerca (come Mirnagreen o BlueTentacles) o su spinoff accademici (come Ontopic), che promettono forti sviluppi in quelle che sono le aree di competenza del nostro distretto dell’innovazione.

Dal punto di vista operativo la vostra realtà è nata dagli spazi della più grande fabbrica per la produzione di alluminio in Italia.

Oggi al posto dello stabilimento c’è un quartiere aperto e integrato, caratterizzato da un progetto a impatto zero: ci può raccontare qualcosa al riguardo?

Al brusio dei trasformatori e dei forni abbiamo sostituito quello della creatività e del pensiero. Trasformando quella che era una fabbrica pesante in una fabbrica di idee, dinamica e proiettata al futuro. Ispirandoci alla natura, perché l’acronimo NOI sta per “Nature of Innovation”: la natura è, del resto, la più grande forza innovatrice che esista. Ci insegna ad adattarci, a non fermarci mai, a percorrere nuove strade e a farlo sempre in modo intelligente e sostenibile.

Per quanto riguarda invece l’attività di ricerca e sviluppo, come viene portata avanti e in che modo si integra con il mondo produttivo?

Abbiamo delle Tech Transfer Unit che hanno il compito, proprio, di trasferire l’innovazione dal sistema della ricerca alle aziende. In sostanza stimoliamo e aiutiamo le imprese a costruire percorsi di R&S in ciascuno dei settori di specializzazione e con i nostri esperti le accompagniamo – passo dopo passo – in tutte le fasi dell’innovazione. Identifichiamo i prodotti e i servizi che il mercato desidera, li sviluppiamo e li testiamo insieme a loro: accompagnandole nella definizione del progetto, ricercando partner imprenditoriali e scientifici, nazionali o internazionali, selezionando i possibili strumenti di finanziamento o sperimentando nuovi prototipi.

Entriamo nel merito del Coronavirus e del lockdown deciso negli scorsi mesi per contenere l’emergenza sanitaria: quale impatto ha avuto per il vostro parco tecnologico?

Non abbiamo mai smesso di lavorare.

Ma è chiaro che un luogo come il nostro – così bello e suggestivo, da un punto di vista architettonico, anche quando è vuoto – ha bisogno della presenza fisica delle persone per sprigionare al meglio tutto il suo potenziale. Mettere in relazione più mondi e generare innovazione anche per “contaminazione”, sfruttando ogni occasione d'incontro e di networking, richiede infatti un’interazione fisica e personale. Da un certo punto di vista, quindi, il lockdown è stato, come per tutti, un limite. Da un altro punto di vista, invece, ci ha favoriti. Ha, infatti, ribadito ancora di più l’importanza della ricerca. Non solo in campo sanitario, ma in ogni direzione: un’emergenza come questa ha costretto da un giorno all’altro molte imprese a rivedere il proprio modello di business e a cercare nuove strade.

E il cambiamento, la traduzione della ricerca in nuovi prodotti o servizi, è il nostro mestiere.

Lo smart working è diventato uno dei temi centrali dell’orientamento al lavoro in questo difficile periodo: come si è tradotto all’interno della vostra attività?

Come detto, non abbiamo mai smesso di lavorare ed eravamo già attrezzati a farlo, perché in tutto il nostro perimetro la digitalizzazione è diffusa. L’emergenza Covid ha peraltro accelerato una rivoluzione che era già in atto, portandola improvvisamente – e per tutti – all’ordine del giorno.

Per rispondere alle inevitabili ripercussioni dettate dal Coronavirus avete avviato l’iniziativa “Reagire alla crisi”: di cosa si tratta e quali riscontri avete ottenuto finora?

Abbiamo preso tutte le competenze nostre e dei nostri partner che potevano rivelarsi utili alle aziende in questa fase - in ambito digital, nell’innovation management e nel technology transfer – e le abbiamo messe gratuitamente a disposizione. È stato un grande successo: sia a partire dal momento più oscuro e di paura, quando molti esperti nei webinar invitavano le aziende ad analizzare il futuro in modo razionale, resiliente e senza perdere fiducia; sia nella cosiddetta “fase 2”, in cui la sfida è stata quella del rimettersi in moto in modo concreto, rimboccandosi le maniche.

Come parco tecnologico avete una posizione di osservazione privilegiata sull’analisi dei nuovi trend hi-tech e sull’impatto di Covid-19 in questo particolare ambito: a suo parere cosa potremmo imparare da questa crisi e in che modo potrà cambiare il settore nei prossimi anni?

Come detto, questa crisi ha anticipato e reso improvvisamente urgente digitalizzare ogni settore. Una trasformazione che non riguarda solo le aziende e il mercato, ma tutti noi. Anche chi aveva una certa ritrosia, infatti, ha rotto il ghiaccio e superato ogni diffidenza rispetto alle nuove tecnologie e da questo punto in poi, difficilmente torneremo indietro.