Dopo una riunione straordinaria del Consiglio dei ministri a Madrid, il Presidente socialista, Pedro Sanchez, ha comunicato che il prossimo 28 aprile gli spagnoli voteranno nuovamente per il rinnovo del parlamento (Cortes).

Sanchez ha comunicato anche di aver già informato il Re di tale decisione, ottenendone l’assenso e la formalizzazione con decreto reale.

Sono le terze Elezioni politiche generali in meno di quattro anni, per il paese iberico, che aveva già rinnovato il Parlamento nel 2015 e nel 2016. La data del 28 aprile è stata scelta per evitare una domenica elettorale che concentrasse in un solo giorno – in tal caso, il 26 maggio – elezioni europee, municipali e, appunto, quelle politiche.

Mercoledì il congresso aveva bocciato il bilancio proposto dal governo di Madrid

La decisione di proporre al Re Filippo VI lo scioglimento delle Cortes e le elezioni anticipate è stata la conseguenza della bocciatura della proposta di bilancio 2019 da parte del Congresso (equivalente della nostra Camera dei Deputati), con 191 voti contro 158. Secondo la Costituzione, Sanchez avrebbe potuto governare con l’esercizio provvisorio sino alla scadenza naturale della legislatura, ma ha preferito evitare.

La maggioranza che sosteneva il governo di Madrid era formata, oltre che dai socialisti del premier Sanchez, anche da Podemos – il movimento di sinistra di Pablo Iglesias – dal partito dei nazionalisti baschi e dai due partiti indipendentisti catalani.

Con questo schieramento eterogeneo, Sanchez, meno di un anno fa, era riuscito a sfiduciare e a scalzare il centrista popolare Mariano Rajoy e a subentrargli nella presidenza del governo.

Mercoledì scorso però sono mancati al premier socialista i voti degli indipendentisti catalani, proprio in concomitanza con l’apertura del processo ai 12 politici di tali partiti accusati di fronte al Tribunale Supremo di Madrid dell’organizzazione del referendum separatista e della dichiarazione unilaterale d’indipendenza della Catalogna.

Alcuni degli esponenti separatisti sono attualmente in carcere, in attesa di giudizio; come è noto il loro leader, Carles Puigdemont, si trova invece all'estero.

Sanchez aveva rifiutato ai separatisti l’indizione di un nuovo referendum, con tutti i crismi della legittimità a suo tempo non riconosciuta da Rajoiy. Aveva poi cercato di mediare tra le istanze di Madrid e Barcellona, con alcuni gesti simbolici e la ricerca di un dialogo.

Alla fine si è ritrovato senza maggioranza parlamentare.

Quali scenari si profilano per il governo di Madrid

Sanchez si è subito messo nei panni della campagna elettorale, dichiarando che anche senza bilancio approvato avrebbe mantenuto le promesse del suo programma di governo, quali la rivalutazione delle pensioni, l'aumento del salario minimo e quello dei dipendenti pubblici, falcidiato dalle tasse imposte dal precedente governo Rajoy. Se poi ci riesca o meno, in questi due mesi e mezzo che lo separano dalle elezioni, è tutto da vedersi.

L’opposizione, formata dai popolari (centristi) e da Ciudadanos ritiene di aver fondati motivi per vincere le elezioni e subentrare al governo socialista e di sinistra.

I sondaggi della settimana scorsa indicavano i socialisti al 24% (-1,5 rispetto alle ultime “politiche”), i popolari al 23% (-10%), i liberali di Ciudadanos al 19% (+6%), la sinistra di Podemos al 16% (-5%). All’ultradestra, invece, il nuovo partito Vox è dato al 9% ma secondo alcuni osservatori potrebbe arrivare anche al 13%.

Non è facile capire come tali numeri si possano distribuire nella composizione dei seggi delle due camere. Se, tra poco più di due mesi, però, il trend dei sondaggi sarà confermato, a Madrid si profila la formazione un governo liberal-centrista allargato, chissà, sino all’ultradestra di Vox. Con buona pace dei separatisti catalani che in tal caso, bocciando Sanchez, si sarebbero fatti l’ennesimo autogol.